Domenica 24 maggio la Pro-Loco turbighese ha organizzato una passeggiata ad antiche presenze del territorio, seguendo l’intento di riscoprire dei luoghi che la modernità ha fatto di tutto per cancellarli dalla storia.
L’iniziativa denominata ‘LA VIA DEI MULINI‘ inizia al ‘Mulino nuovo’ in territorio del Ponte di Castano. Segue l’aperitivo al ‘Mulino Vecchio’ sempre in territorio di Castano Primo per proseguire poi con il pranzo al ‘Mulino del Pericolo’ in territorio di Turbigo. L’elemento comune che unisce i tre mulini è una roggia (oggi chiamata ‘molinara’ di Castano, ma un tempo portante il nome delle casate nobili – Bodii, Piatti – che si sono succedute nel tempo) che attualmente ha la presa dal Naviglio in territorio di Nosate e sbocca nel Ticino in territorio di Robecchetto con Induno. Ma storicamente rappresenta la continuazione della roggia molinara di Lonate Pozzolo che, un tempo, alimentava una serie di mulini in tale territorio e fu ‘segata’ con la costruzione del Naviglio Grande (1179) e divisa in due tronconi. Quindi la roggia era precedente allo scavo del Naviglio tant’è che in un documento del 27 febbraio 1111 si parla già di questa roggia che muoveva le pale di un mulino..
IL TRACCIATO DELLA ROGGIA MOLINARA – A seguito della concessione a variare i primi trenta chilometri del Naviglio Grande (avvenuta all’inizio del Novecento per lo scavo del Canale Industriale), la Società Lombarda per la Distribuzione di Energia Elettrica stipulò il 3 marzo 1904 con l’Amministrazione demaniale una convenzione che stabiliva:
“La roggia mornera di Castano, alimentata dal cavo Marinone, con una quantità d’acqua continua di metri cubi 1,5 al secondo sarà, dopo la sistemazione del primo tratto del Naviglio, alimentata dall’acqua residua della roggia molinara di Lonate. A tale scopo questa dovrà attraversare in una tomba (sottopasso) il nuovo Canale Industriale e sarà immessa nell’alveo che resterà abbandonato dal Naviglio presso Tinella (località non più esistente dove allora esisteva una cascina) per poi proseguire fin oltre la cascina di Santa Maria in Binda dove sarà costruito – in destra dell’attuale Naviglio – un opportuno manufatto derivatore munito di paratoie regolabili al quale farà seguito un canale in muratura capace di convogliare nella roggia molinara la sua normale competenza”.
IL CONSORZIO IRRIGUO – Nel 1930, l’ingegnere Consonni fu incaricato dagli Utenti di eseguire le pratiche per il riconoscimento del diritto d’uso delle acque, sia per l’irrigazione sia per uso industriale. Ma non ritenne opportuno affermare tale diritto per cui rifiutò di pagare i canoni conseguenti, al punto che il Genio Civile intestò la concessione al comune di Castano che avrebbe dovuto farsi carico di costituire un Consorzio – ciò che avvenne dieci anni dopo – allo scopo di:
– irrigare con le acque della roggia 82 ettari nei territori di Turbigo e Castano;
– utilizzare l’acqua della roggia per azionare due mulini in territorio di Castano, il primo di proprietà Romorini, il secondo di proprietà Motta;
– utilizzare le acque per azionare l’ex molino Piatti, detto del Pericolo, in territorio di Turbigo;
– utilizzare le acque della roggia per il Candeggio della Tessitura Rossari & Varzi di Turbigo.
Il Consorzio della Roggia Molinara di Castano Primo fu costituito con Regio Decreto 2 dicembre 1940, n. 7037 con sede presso il Municipio. Esiste ancora oggi ed è presieduto dal geometra Franco Motta di Turbigo.
I MULINI ALIMENTATI DALLA ROGGIA – Con queste belle parole Sandro Piantanida nella sua monumentale Storia del Ticino registrava la nascita dell’energia idroelettrica:“Tremila ruote di mulino giravano un tempo lungo le rive del Ticino e tutta l’industria lombarda ne riceveva il battito della vita. I magli delle ferrerie pavesi, i telai delle tessiture, le folli delle vetrerie, le segherie, le cartiere… le macine erano azionate dalla meravigliosa energia che si sprigionava dall’acqua. Venne il giorno in cui il magnifico dono del fiume non fu più sufficiente alle esigenze delle industrie lombarde. Un mago allora seppe carpire alla ruota ed all’acqua la immensa segreta forza che nascondevano nella loro corsa continua (…)”.
Oltre al citato documento del 27 febbraio 1111, diverse sono le notazioni che affiorano dagli archivi. Alla fine del Quattrocento troviamo due mulini in territorio del Ponte di Castano, appunto il Mulino Vecchio e il Mulino Nuovo. Quest’ultimo, costruito vicino al ponte sul Naviglio, nel 1474 era di proprietà di Pietro de Cantono (oggi è in fase di recupero). Nell’anno successivo diventò di proprietà del Comune. Aveva tre mole per macinare la mistura e una mola per macinare il frumento. Il mulino era affittato, di volta in volta, a qualche mugnaio che risiedeva nei locali della medesima struttura. Nel 1469, il Mulino Nuovo era in possesso della Scuola di S. Maria. Nel gennaio 1526, Gerolamo Della Croce q. Eusebio, dava in affitto a Francesco de Cory, abitante a Monza, il suddetto mulino e il 28 marzo 1530 il Comune lo vendeva a Battista Della Croce. Nel 1668 il Mulino fu rifatto in muratura, prima era di legno. Il Comune l’aveva affittato ad Agostino Cantone. Il mugnaio teneva per sé la metà del grano da macinare ed era tenuto ad andare a ritirare il prodotto dalle famiglie e a riportarlo macinato. Non poteva tenere più di quattro animali da ingrasso nell’area. Le riparazioni spettavano al Comune che doveva mantenere anche la strada di accesso.6
Nel 1771 il Mulino Vecchio era ancora in legno e nello stesso anno i deputati della Comunità decisero di fare l’edificio in muratura. Oggi è questa presenza ‘spettrale’ che dà motivo di riflessione. Abbandonato a se stesso si sta letteralmente sbriciolando e la città di Castano Primo non ha mai fatto niente per conservarlo. E’ una vergogna!