E’ stato inaugurato, domenica 7 giugno, sul lago di Garda, il museo della Repubblica Sociale Italiana che cerca di documentare quei 600 giorni terribili (ottobre 1943-aprile 1945), durante i quali avvenne quella spaccatura tra gli italiani che è ancora lì da vedere. Quale fosse la strada da seguire quando, nel novembre ’43, nelle case delle famiglie del Centro-Nord d’Italia, cominciarono ad arrivare le cartoline precetto, era un grande problema di topologia. Nessuno sapeva come sarebbero andate a finire le cose e tutti si comportarono nel modo che credevano giusto. Ci furono figure luminose come quelle del capitano Filippo Maria Beltrami che indicarono la via da seguire a tanti giovani partigiani; ce ne furono altre, come Ezio Maria Gray, diametralmente opposte. L’Italia era divisa in due: si doveva scegliere o con Salò o con i partigiani. Si capisce poco oggi, che siamo in democrazia, dove la stampa è libera, ma così contradditoria che – per esempio – non è ancora chiaro chi abbia dichiarato guerra alla Libia e ucciso Gheddafi creando l’invasione che stiamo subendo. Figuriamoci settant’anni fa, dove i giornalisti erano pagati per scrivere ciò che piaceva al regime. Quindi le scelte non poterono che essere istintive, dipendendo in gran parte dai diversi contesti nei quali gli individui si trovarono a vivere.