La storia di una tesi di laurea.
Dicono che la recente riforma della scuola promuova l’alternanza studio-lavoro. Ai nostri tempi chi voleva ‘crescere’ doveva studiare, perché lavorare era più facile.
Benedetta fu la scelta di istituire le scuole serali (come il ‘Bernocchi’ di Legnano) che hanno permesso a molti, che furono ‘obbligati’ ad andare a lavorare a quattordici anni, di migliorare la propria condizione umana, frequentando scuole serali. Dove insegnavano gli stessi professori del diurno, soltanto che si trovavano davanti ragazzi motivati che già lavoravano e che si impegnavano molto di più dei loro coetanei che frequentavano le scuole di giorno.
Chi scrive, per frequentare l’Itis Bernocchi doveva prendere il treno delle 17 alla stazione di Turbigo ed arrivare a Castellanza. Qui, in bicicletta, raggiungeva l’Istituto Tecnico. Sei anni passati così, di corsa, mangiando un panino nei ritagli di tempo, frequentando anche alla domenica e rientrando a casa tutte le sere, a mezzanotte inoltrata, in pullman. A casa c’era sempre la mamma che aspettava, con qualcosa di pronto, per attenuare la fame di un figlio che si era messo in testa di studiare, scelta non condivisa dal padre, ma sostenuta dalla madre.
Una volta diplomato, l’università. A Urbino c’era un corso estivo che – durante il mese d’agosto – faceva un resumé dei corsi annuali. Armato di registratori si seguivano due lezioni contemporaneamente (bastava schiacciare il tasto del registratore!), si pranzava alla mensa dell’università e, in quattro anni, i venti esami erano in cascina. Mancava la tesi. Il caso volle che in una delle sortite ad Urbino per sostenere gli ultimi esami ci trovassimo nello stesso albergo di un prof., Raffaele Molinelli. Avevamo appena avuto la nostra prima figlia e il prof. ci giocava, aiutandola spesso a rialzarsi dicendo: “I bambini sono come i gatti, non si fanno mai male!”. Una parola tira l’altra e scopriamo che si trattava di un docente di storia moderna e quando gli diciamo che abitiamo in un paese dove la famiglia Gray aveva una residenza estiva ci dice: “Sono uno studioso del nazionalismo e sono disposto a darle una tesi su Ezio Maria Gray, un intellettuale di peso, critico con il fascismo”. Detto, fatto.
Da lavoratore-studente, cresciuto in un’epoca in cui tutti i fascisti erano cattivi e tutti gli antifascisti buoni, dimostrare che durante il regime c’era stata una vita culturale e che Ezio Maria Gray, con la moglie Teresah (amica di Pirandello, di Marinetti, ecc.) erano stati protagonisti, non era un’impresa facile.
Proprio quarant’anni fa, in luglio, mi presentai intimidito in casa Gray (un attico, vicino alla clinica Mangiagalli) a Milano. Mi accolse donna Gabriella Dosi Delfini, dei marchesi di Pontremoli, la nipote prediletta di Ezio Maria Gray. Gli dissi che volevo laurearmi con una tesi su ‘Ezio Maria Gray’, proprio perché non esisteva una biografia del suo percorso politico che lo aveva visto nascere nazionalista, attraversare il fascismo e diventare parlamentare repubblicano. Mi disse subito che Ezio Maria Gray “era un uomo di qualità” e con una decisione che aveva del miracoloso decise di aprirmi parte degli archivi (negati a più rinomati studiosi) e di mettere a disposizione i suoi libri e altre pubblicazioni, raccolte di articoli giornalistici, stralci di giornali minuziosamente incollati su dei raccoglitori siglati dal Nostro con matite colorate, che lei aveva accuratamente conservato.
Dalla tesi, qualche anno fa, avrei voluto trarne un libro. Presentai pagine e pagine di appunti alla casa editrice ‘Interlinea’ di Novara nel 2010 trascurando quegli aspetti (le leggi razziali e il periodo partigiano) che tuttora lasciano un cono d’ombra sulla figura di Gray.
Le lessero in quattro: due erano d’accordo sulla pubblicazione, altri due no. Questa la risposta del 2 marzo 2010 della casa editrice novarese:
“Dopo una lunga e difficile valutazione tra l’editore e i nostri collaboratori, purtroppo pur trattando un personaggio novarese di rilievo, ci pare che la ricerca, privilegiando alcuni documenti dell’archivio e tralasciando altre caratteristiche del personaggio, metta in luce aspetti che non rientrano negli interessi delle nostre collane, non pensando di poter proporle un rifacimento complessivo”.
Peccato, ci avevamo creduto.
E così arriviamo alla recente pubblicazione di Valerio Zinetti, ‘L’Italia ha sempre ragione‘ (2015) , dove la famosa tesi di laurea, che aveva tracciato faticosamente il percorso politico di ‘un uomo di qualità’ ha potuto prendere il largo. E non è escluso che la scia sia presa da qualche altra opera in tempi brevi.
Nella foto dell’Articolo, ‘L’Italia ha sempre ragione’, prima edizione, luglio 1938. Uno dei libri più famosi di Gray che raccoglie gli interventi trasmessi dalle Stazioni Radio italiane nella rubrica ‘Le cronache del regime‘.(in copertina la foto della ristampa)
PS2 – Nel 1995 Francesco Rutelli, allora sindaco di Roma, voleva intitolare una via a Giuseppe Bottai (1895-1959), un altro intellettuale critico con il fascismo, ma dovette rinunciare per la protesta delle associazioni ebraiche.
A Turbigo, il sindaco Laura Mira Bonomi, dedicò una breve via a Ezio Maria Gray sollevando proteste da parte delle associazioni partigiane e di alcuni rappresentanti della sinistra storica.