TURBIGO – Pamela Re, allora laureanda in architettura – indirizzo tutela e recupero del patrimonio artistico e architettonico – e l’unica (a conoscenza di chi scrive) che abbia elaborato un progetto di restauro del giardino storico del palazzo de Cristoforis. L’indagine che fece circa vent’anni fa (1997) la portò a individuare una stratificazione culturale molto interessante che avrebbe dovuto dare motivo di riflessione al Comune per un maggior impegno nella conservazione di questo patrimonio che – in questo torrido mese di luglio – sta soffrendo per mancanza di acqua piovana. Scriveva Pamela Re:
“Nel Cinquecento non c’erano i giardini esterni e le case, o le ville, facevano riferimento alla campagna. Il giardino inizia ad essere progettato quando si afferma un atteggiamento culturale diverso verso il paesaggio, che coincide con l’introduzione della prospettiva. Le prime ville del Naviglio Grande ad avere un giardino sono quelle del Settecento: i progetti erano prevalentemente alla francese, con aiuole, statue, fontane”.
L’arte del giardinaggio, nelle sue forme storiche, oggi è quasi scomparsa. Il giardino era, tra le forme di paesaggio vissuto, quella più carica di simboli e significati reconditi. Nel caso specifico il giardino è stato anche il luogo della memoria della nobile famiglia De Cristoforis. Arredi e manufatti impreziosiscono il parco, come i sedili in mattoni lungo i vialetti, le due piccole fontane ‘simmetriche’, la grande vasca dagli argini irregolari ricoperti d’edera e di muschio.
Sul viale centrale due statue in arenaria di raffinata cultura settecentesca di scuola francese (forse Diana cacciatrice e Calliope, la musa protettrice della poesia lirica), una colonna del 1300, proveniente dall’antico duomo di Novara con statua dell’Immacolata Concezione in pietra di Vicenza e, sul basamento, una scritta augurale ai coniugi “Guido et Antonia” con il nome dei figli. Nelle aiuole o su basamenti in serizzo non mancano i grandi vasi di cotto d’Impruneta panciuti e dalle spesse pareti.
Infine, collocati da alcuni anni nei pressi delle conifere che fanno la guardia all’ingresso da vicolo Sport, ci sono i reperti rinvenuti nell’alveo del Ticino riguardanti il primo ponte realizzato nel 1887. Documenti di pietra, importanti per la storia millenaria del paese.
DAL PUNTO DI VISTA STILISTICO
Il dottor Paolo Alleva, agronomo incaricato dall’Amministrazione comunale per un progetto di recupero del parco (mai realizzato) scrisse una poderosa relazione dalla quale abbiamo preso alcuni spunti per scrivere le seguenti righe.
“Il Parco risulta essere sottoposto a tutela secondo quanto previsto dal D.L. 490/99. Ha una superficie di 9642 metri quadrati. Nel parco sono radicate 271 piante e sono presenti 120 elementi d’arredo che sono stati tutti catalogati dall’agronomo.
Si presume che il parco all’italiana abbia avuto origine all’inizio del Seicento. Una mappa del Catasto teresiano (1751) indica un parterre suddiviso in quattro parti (non uguali tra loro), al centro del quale c’è un disegno circolare.
Lo stile romantico, ottocentesco, fu realizzato con la costruzione della grande vasca (un laghetto arricchito da vegetazione acquatica, ancora visibile su una cartolina d’epoca), dalle fontane gemelle, dalla creazione di boschetti di bambù, dalle carpinate, ossia i filari alberati di carpino bianco messi ai lati di alcuni percorsi. All’epoca ottocentesca possono essere fatti risalire gli alberi di bagolaro e i cedri prossimi all’edificio”.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, quando fu venduta una striscia a Sud alla Vizzola spa per la costruzione di alloggi da mettere a disposizione del personale della centrale termoelettrica, è stato piantumato un doppio filare di alberi di cedro dell’Atlante. Originariamente il parco si estendeva al di là della ferrovia: fu ‘segato’ una prima volta dal tracciato ferroviario (1887) e una seconda volta, come abbiamo detto, dalla Vizzola (1960).
Dal punto di vista stilistico, gli elementi riferibili alla precedente struttura paesaggistica che ancora oggi si possono chiaramente leggere sono:
– gli assi centrali, disposti secondo l’orientamento del cardo e del decumano, dividono il parco in quattro sezioni diseguali per superficie. All’incrocio tra gli assi cardo-decumano ci sono due statue in pietra di Vicenza raffiguranti personaggi femminili mitologici (nella cartolina d’epoca;
– la parte in stile formale, nella zona sud più vicino all’edificio;
– l’insieme in stile romantico o all’inglese (alberi e manufatti), concentrati in modo particolare nella parte sud;
– il doppio filare di cedri dell’Atlante di recente piantumazione.
LA TROMBA D’ARIA DELL’AGOSTO 2012 (nella foto)
Nell’agosto 2012, una tromba d’aria ha divelto diversi Cedri del Libano secolari. Abbiamo osservato una sezione trasversale dei tronchi caduti nel Parco del palazzo De Cristoforis. E’ stato così possibile osservare tanti centri concentrici, detti ‘anelli annuali di accrescimento’, la cui conta permette di risalire all’età dell’albero (superiore al secolo di vita), ma dalla larghezza di ciascuno di essi è possibile desumere se, in quel dato anno, le condizioni siano state più o meno favorevoli alla crescita della pianta.
IL GIARDINO STORICO
Così aveva letto il giardino storico l’architetto Pamela Re:
“L’aspetto architettonico del corpo di fabbrica interno (villa) che si affaccia sul giardino storico rimanda al primo Settecento, mentre per quanto riguarda il giardino all’italiana – sostenuto da un terrapieno lato Naviglio, un muro di sostegno consimile al sistema costruttivo del sagrato dell’antica chiesa parrocchiale, ndr – possiamo ipotizzarne la nascita un secolo prima, probabilmente al tempo della costruzione del corpo prospiciente la Via Roma. Presumiamo quindi che la Villa interessò l’area dell’antico giardino secentesco e che nell’occasione sia stato modificato in modo da sposarlo con il nuovo corpo. L’ipotesi trae ragione dall’altezza delle piante secolari e dal diametro dei fusti e dal fatto, accertato, che nel 1948 furono sradicati da una tromba d’aria tre alberi ad alto fusto d’età misurata di 112 anni. Fu in tale occasione che dalle radici divelte affiorarono delle tessere di mosaico: ciò fece ipotizzare – anche per la posizione strategica sulla valle ai margini del secondo terrazzamento del Ticino – che il sito potesse essere stato interessato da una villa rustica tardo romana.
Inoltre la regolarità dell’impianto, fissata nell’intersezione tra cardo e decumano (punto contrassegnato dalla presenza delle due statue) è tipica dei giardini secenteschi.
L’impronta antica si ritrova ancora nella suddivisione del giardino in quattro spazi regolari, che furono arricchiti – in epoca romantica – da giochi d’acqua ed essenze arboree.
Nel primo spazio (al quale si accede dalla Villa dopo aver attraversato il triportico) sono collocate due fontane gemelle neoclassiche, con fini modanature, al centro delle quali avevano trovato posto dei putti ora dispersi. Il secondo spazio è oggi caratterizzato dalla presenza del Centro Anziani e da una simpatica struttura attrezzata per cucinare all’aperto. Il terzo spazio presenta una zona a frutteto e un parco giochi. Mentre il quarto spazio è dominato dalla fontana romantica”