TURBIGO – Lunedì 10 agosto, davanti all’entrata del cimitero comunale, è stato salutato, laicamente (nella foto), l’architetto Angelo Zanoni (1951-2015). Parole toccanti – quelle pronunciate dall’architetto Paolo Mira, visibilmente emozionato – hanno tratteggiato la figura e l’opera del professionista, da quel suo ‘Alura’ che introduceva sempre le sue telefonate, alle sue opere, – tra cui il cimitero – che aveva contribuito ad ristrutturare e allargare. Un cenno anche alle sue riflessioni riguardanti il territorio del Castanese, mentre nell’ultima sua opera ribadisce a chiare lettere la necessita di ‘restaurare’ il territorio, eliminando il frutto di quella ricchezza volgare che lo ha sporcato negli anni dello sviluppo industriale. Tanti i compagni che hanno voluto essere vicini alla moglie Daniela e al figlio Elia per l’estremo saluto. Tante le lacrime che rigavano i volti degli astanti mentre ascoltavano le parole sentite di Paolo Mira.
Emanuele Torreggiani (autore della prefazione del suo ultimo libro) ci ha scritto dicendosi addolorato della scomparsa “che rappresenta una perdita per tutto il territorio, come quando muore un uomo intelligente”.
L’Angelo era venuto a trovarci un mesetto fa. Aveva in mano la sua pubblicazione, ‘Sulla Cura – proposta per il restauro del territorio’ con tanto di dedica di sua mano: “All’amico Giuseppe Leoni, con stima”. Il libretto porta nelle prima pagina due parole, ‘Ad Alfonso’, un pensiero che ci ha dato motivo di riflessione in seguito, quasi che, quell’incontro inusuale, volesse essere una sorta di ultimo saluto. Discreto, come era sempre stato, il suo modo di porsi nei confronti degli altri e anche di salutarli per l’ultima volta, senza scomporsi.
ALFONSO BIANCHINI (1951- agosto 2008). Quella dedica, ‘Ad Alfonso’, sul libro di Angelo, vuol dire qualche cosa di più di un ricordo all’amico d’infanzia e giovinezza. Il famoso viaggio nel nord Europa (l’Olanda) ai tempi del Sessantotto, il successo professionale di Alfonso fino a diventare il direttore delle vendite dei truck-Renault in Europa, con sede a Lione. Uomo della sinistra storica, non si è mai impegnato in prima persona, ma è sempre stato chiaro per chi parteggiava. E quando la domenica mattina, sempre alle 10, veniva a casa a prendere un caffè si finiva sempre per battagliare sulla politica, anche locale. Poi la sfortuna di morire, dopo aver combattuto come un guerriero, contro un mesotelioma pleurico, per l’amianto inalato nel breve periodo che lavorò alla costruzione dei gruppi di Levante della grande centrale termoelettrica di Turbigo. Negli anni della sua malattia gli siamo stati vicino perché ci accomunava la passione della storia locale, dei sentieri ignoti della valle del Ticino ai piedi della Costa Turbigina, dei tesori nascosti nel nostro bel territorio. La bellezza, la stessa che cercava l’amico Angelo (un campo di grano tagliato, con le stoppie che guardano il cielo!) per cui l’ultimo incarico lo volle dare all’amico architetto per costruire quella torre – in attesa della morte prevista, come lui l’aveva etichettata – che guardava verso la valle del Ticino.
ROBERTO LEONI (1951- settembre 2013). Angelo era l’amico più caro di Roberto con il quale aveva condiviso il suo tempo della gioventù, anche se la vitalità – con il tempo – si era abbassata di livello. L’architetto gli aveva costruito la sua casa prima di sposarsi e sempre con lui si accompagnava nella serate d’estate al mare di Ospedaletti (Sanremo). Nei suoi giri, quando la moglie era in vacanza, non mancava mai di onorare la tavola dell’amico, perché andava bene così. E poi si contraccambiava, avanti e indietro, con addosso la forza della vita. Il ragioner Roberto Leoni (uno dei numero uno dell’Irge negli Anni Ottanta del secolo scorso), mio fratello minore, se n’è andato due anni fa, il 20 settembre, senza mai prendersi il fastidio di coltivare la medicina preventiva che, certi uomini ‘liberi’, fanno fatica a sopportane e così finiscono per andare a riposare in pace, prima del tempo.