TURBIGO – Che le rogge molinare, scavate nell’Alto Medioevo sulla riva sinistra del Ticino, abbiano anticipato di alcuni secoli l’escavazione del Ticinello (iniziata nel 1177 dai Milanesi), detto poi Naviglio, è documentato da una serie di atti nei quali, i Duchi di Milano, riconoscevano i diritti preesistenti ai proprietari delle rogge.
Lo documentano le ricerche storiche effettuate dagli attuali proprietari del ‘Molino del Pericolo’ in territorio di Turbigo, alimentato da quella che oggi si chiama roggia molinara di Castano che alimentava il Molino Vecchio (già documentato nel 1111) e il Molino Nuovo (1474) in territorio di Castano e il turbighese Molino del Pericolo. Ogni molino aveva il suo affresco: nei tre in questione, ottocenteschi, sono effigiate quelle figure sacre (mimate da precedenti opere) che avevano dato forza alla civiltà contadina.
Gli approfondimenti storici, su quella che fu la storia del ‘Molino del Pericolo’, da parte della prof.ssa Tella Massarotti Longoni (nella foto con l’assessore alla Cultura, Bruno Antonio Perrone), ci hanno permesso di tracciare, per sommi capi, la storia millenaria di questa presenza, esemplificativa a quella delle “tremila ruote che giravano un tempo lungo le rive del Ticino”. Dopo secoli di abbandono, al Molino del Pericolo è stata ritrovata l’anima originaria attraverso un attento recupero conservativo che ha riportato alla luce gli aspetti più reconditi dell’antica struttura. Innanzitutto la proprietà dei conti Piatti, documentata dall’inizio del Quattrocento, ma nell’insediamento – stanza del camino – uno stipite in mattoni risalente al XIV secolo sposta le lancette del tempo all’indietro. Ciò farebbe pensare che le sue ruote fossero state messe in moto dall’acqua corrente della roggia addirittura qualche secolo prima, al tempo dello scavo della roggia molinara. Nell’atto notarile Piatti è descritta, per filo e per segno, la composizione dei vari ambienti che sono stati recentemente ritrovati: fienile, stalle, casa mugnaio, molendinum, colombari e due portichetti.
Fino alla fine del Settecento il molino rimase nella disponibilità della famiglia Piatti (l’ultima erede, Marianna, aveva sposato a Napoli un Erba Odescalchi), poi il molino fu venduto (insieme ai diritti sulla roggia) a Tomaso De Cristoforis e, successivamente, a Luigi Tatti.
Della sua storia, nell’Archivio Comunale, rimangono poche tracce. Di certo sappiamo che aveva ‘pelato’ il riso per tante famiglie locali, anche perché in zona era l’unico in grado di svolgere una tale sofisticata operazione. L’Archivio Storico Civico (cat. 11, fasc, 1889) parla delle autorizzazioni comunali alla pilatura del riso presso il molino di Giovanni Paglino. Siamo negli anni ’30 del Novecento e la Federazione Provinciale Fascista degli Agricoltori chiedeva al Comune l’elenco delle pile riso con i nominativi dei condutttori. Le autorizzazioni comunali riguardavano Bianchini Giuseppe, Mereghetti Pietro e Leonardo, Facheris Alessandro, Tura Giacomo, Poretti Ermes, Monticelli Giuseppe, Parini Alberto, Merlo Giuseppe, Baga Giuseppe e Filippo, Dondi Pietro, Ferrari Natale, Garegnani Ernesto, Vergani Enrico, Garegnani Cesare. Cognomi di un secolo fa, ancora oggi esistenti, ma non siamo così sicuri che lo saranno ancora fra un altro secolo.