TURBIGO – Sulla bomba ritrovata nel greto del fiume Ticino in tanti hanno voluto dire la loro, al punto che ‘La Prealpina’ ha pubblicato una serie di lettere che rimettevano in discussione il fatto che la bomba fosse di fabbricazione tedesca. La gente non crede più neanche a quanto dicono i Guastatori del Genio di Cremona e cioè che la bomba ‘tedesca’ era trasportata da un bombardiere Heinkell 111 e scaricata nel Ticino durante un’emergenza.
‘Amont!’, come dicono ad Abbiategrasso, ma l’evento ha stimolato la penna di tanti lettori del giornale prealpino e l’ultimo di questi, Ambrogio Vaghi di Varese, ha scritto in una lettera il 10 settembre la seguente interessante testimonianza:
“Io vivevo in zona e verso la fine della guerra: non volava più alcun velivolo della Luftwaffe. Padroni dei cieli erano in assoluto gli anglo-americani (…)
Tutti i ponti sul Ticino, nel tratto da Vigevano a Sesto Calende, erano difesi di batterie contro-aeree germaniche munite di cannoni da 88 millimetri che sparavano sbarramenti fino a 8000 metri di quota. Inefficaci, perché le fortezze volanti volavano a 10.000 metri.
La linea ferroviaria della Nord, Milano-Novara, a ponte distrutto, si interrompeva poco dopo Turbigo. A piedi i viaggiatori raggiungevano il fiume dove un pontone, trainato da cavi d’acciaio, li traghettava sulla sponda piemontese, dove li attendeva un treno per Novara. E viceversa, Se tutto andava bene e non giungeva qualche caccia americano a mitragliare all’impazzata! Queste vicende non mi sono state raccontate: io c’ero su quei traghetti di settant’anni fa”.
Al ponte del Ticino, in territorio di Turbigo, c’è ancora un bunker (nella foto), costruito dai tedeschi, originariamente armato da una batteria contraerea puntata sulle rotte di transito degli aerei in voga ancora oggi. Al bunker si accedeva attraverso un passaggio sotterraneo, oggi in parte franato. Le dimensioni originarie erano di circa 2 metri di lato e 1.80 di altezza. Internamente le pareti erano costituite da tronchi di albero, esternamente da calcestruzzo. La copertura era realizzata da un soletta di 30 cm e strato di terra mascherata. Chi volesse scoprirla noterà che, nello spigolo rivolto al fiume, c’è una feritoia dell’altezza di circa 20 cm e una lunghezza di 180 cm dalla quale partivano le mitragliate verso il cielo.
E’ l’unico rimasto (un altro in Via del Gabbone è andato distrutto). Andrebbe recuperato da parte di chi è preposto, perché dimenticare il passato – per l’uomo – è come togliere ad un animale l’istinto.