ROBECCHETTO CON INDUNO – Quello che segue è un articolo pubblicato qualche anno fa, che abbiamo aggiornato in relazione alla pubblicazione dell’Atlante degli uccelli del Parco del Ticino. Le curiosità consistono nel fatto che Giangiacomo Feltrinelli e Gianni Brera frequentavano la Cascina Rossa dove l’ingegnere Gino Masè soggiornava durante i mesi estivi.
Prima dell’istituzione del Parco (1974) gli ambienti naturali erano stati conservati grazie all’interesse venatorio (grandi riserve di caccia mantenute dalle famiglie aristocratiche, ma anche da ricchi industriali), ma non mancavano gli appassionati della migrazione degli uccelli come l’ingegner Masè. In seguito, con il Parco, gli uccelli diventarono i veri protagonisti dell’ambiente, al punto che la loro crescita ha permesso di far conquistare al territorio la designazione di ‘Zona umida di interesse internazionale’. La poderosa opera, ‘Atlante degli Uccelli del Parco del Ticino’ (2015), frutto di cinque anni di lavoro, è stata resa possibile da un finanziamento della fondazione Cariplo, ha permesso agli ornitologi di censire 320 specie di volatili (il 60% di quelle esistenti in Italia) e individuato – grazie ai guardiaparco – gli spostamenti dei volatili. Un lavoro, una passione che aveva animato anche Gino Masè come scriviamo qui sotto.
2010 – Sprofondata nel bosco di querce e pruni, dove si innalzano alti pini silvestri, la ‘cascina Rossa’ o del ‘Ronco’ è una presenza antichissima. Fu edificata nel 1765, probabilmente come postazione doganale al confine del Lombardo-Veneto. Attraversata longitudinalmente dalla ‘Traversagnetta’, che delimitava il territorio di Robecchetto da quello di Malvaglio, si dirigeva in linea rettilinea all’antico ponte medievale (1274), riscoperto un decennio fa da Giovanni Brusatori.
Antico luogo di transito di contrabbandieri, durante l’Imperial Regio Governo, oggi dal punto di vista della toponomastica locale è la ‘Casa isolata n. 13 della frazione di Malvaglio del Comune di Robecchetto con Induno’, così come risulta da una targhetta in lamiera smaltata bianca posta all’ingresso dell’abitazione.
Domenica 4 dicembre, vi abbiamo incontrato Emilia Masè, per tanti anni consigliere comunale, che ci ha raccontato le vicende che hanno accompagnato la sua infanzia in quella che era la casa di campagna della sua famiglia. Difatti, il padre, l’ingegnere Luigi Masè, appassionato cacciatore arrivò qui da Milano nel 1936 per partecipare ad una battuta di caccia e vista la casa – che allora apparteneva alla famiglia De Dionigi – l’acquistò e vi insediò un guardiacaccia che doveva tenere in ordine la riserva per i suoi amici locali, ma anche milanesi, come il grande Gianni Brera e persino Giangiacomo Feltrinelli, diventato poi famoso nell’ambito famigliare “perchè sgranocchiava le pannocchie crude nei campi”. Probabilmente, proprio perché frequentava queste contrade, non fu completamente estraneo all’azione terroristica del 13 ottobre 1963 che portò all’abbattimento, con del tritolo, di un traliccio dell’Enel (130 KV) nel territorio robecchettese.
Gino Masè, il cacciatore-ornitologo
Gino Masè era un ingegnere milanese (1899-1970), mentre suo padre era un mercante d’arte per cui ereditò opere di Goya, Van Dick e Segantini che, durante la seconda guerra mondiale, finirono a Malvaglio, in una stanza protetta da guardie tedesche. Medaglia d’Argento al Valor Militare sul campo durante la 1° Guerra Mondiale, grande appassionato di caccia, nella riserva della Valle del Ticino che frequentava con Giuseppe Torno, Primo Candiani e il Piantanida di Inveruno. Presidente dei cacciatori liberi di Malvaglio, con il passare degli anni passava qui i mesi estivi e vi ritornava a novembre, quando c’era il passo dei merli e dei tordi.
“Si andava – ci racconta la figlia Emilia – nei campi con i gufi reali piazzati sui trespoli per richiamare le cornacchie che devastavano i raccolti. Di notte, invece, ci recavamo al cimitero di S. Vittore a catturare le civette. Avevo 5 anni e ricordo che bisognava stare fermi nel fosso per molto tempo. Mia mamma Tina si lavava nella roggia e c’è ancora il chiodo dove appendeva l’asciugamano. Lui, mio padre studiava la migrazione degli uccelli e registrò, per dieci anni, attraverso l’inanellatura, la presenza della stesso usignolo nella sua uccellanda. Inoltre, un tordo partito da qui fu segnalato a Mosca da altri studiosi”.
“Gianni Brera era sempre qui a gustare la selvaggina”
Alla passione di Gino Masè, il grande scrittore-giornalista Gianni Brera (che fu candidato per il Senato in questo territorio per il Psi, ma non fu eletto), dedicò una pagina de ‘Il Giorno’ del 9 novembre 1962, dal titolo: ‘I tenori di Gino Masè si allenano in cucina”. “Gianni Brera – ci dice Emila Masè – era molto goloso della selvaggina cucinata da mia madre Tina e, appena poteva, veniva a trovarci. Portava il vino rosso per innaffiare i luculliani pranzi”..
Scrive Brera: “Gino Masè carica la famiglia il sabato e trascorre il week-end all’uccellanda che unisce le diverse tecniche del roccolo, della brescianella e del tordaio. Settecento metri di rete alte da due (brescianella) a quattro (roccolo). Infinite gabbiette per i richiami. Re ed imperatori hanno praticato l’uccellagione. Oggi, questa nobile passione è quasi una colpa rara. Gli uccellatori di professione sono scomparsi. Lui solo, il Gino Masè, che possiede Goya e Van Dick, si preoccupa il 3 di maggio – giorno della Santa Croce – di mettere al buio gli uccelli e nutrirli perfino con vitamine, e aspettare San Giovanni per rimetterli fuori”.
FOTO-DISEGNO tratto dal primo volume sugli uccelli (1981) edito da Fratelli Fabbri editori