Vittorio Feltri, che non è il primo arrivato nel mondo dei mass-media, e non ha più bisogno di vendere copie del quotidiano su cui scrive, essendo un semplice collaboratore, ha scritto, oggi, 16 ottobre, su ‘Il Giornale’, un articolo che merita riflessione, perché si differenzia dalla schiera di chi, godendo del male altrui, ha manifestato una velenosa benevolenza.
Feltri dopo aver citato il fatto che la Procura di Milano aveva scritto la richiesta di carcerazione preventiva addirittura nel settembre dell’anno scorso (così da permetetre a Mantovani di continuare a svolgere il suo ruolo politico) enumera i tre casi in cui il diritto prevede che possa essere tolta la libertà personale ad un italiano: 1° – reiterazione del reato; 2° – inquinamento delle prove; 3° – fuga.
E si chiede come possa essere che uno di questi requisiti possa avere forza di sussistere se è stato lasciato per più di un anno al suo posto e, conclude: “A Mantovani è stato riservato un trattamento crudele immeritato, in stile ugandese o nigeriano. Non ne valeva la pena. Anche perché non mi risulta che abbia dei precedenti tali da indurre a pensare che la cella sia il posto giusto per lui. Al momento”.