Castanese di nascita era diventato turbighese d’adozione. L’avevo conosciuto negli anni Ottanta, al tempo in cui era intento ad aprire l’ambulatorio a Turbigo. E’ stato il mio medico da sempre e, nei momenti difficili, l’ho sempre sentito vicino, come quando il mio Psa aumentava e si doveva intervenire. Non era una decisione facile da prendere: un giorno mi venne a prendere in auto e mi portò da un suo amico, specialista in urologia, a Busto Arsizio, presentandomi e mettendomi nelle sue mani. Dopo la biopsia mi disse: “Ho una notizia bella e una brutta da darti. Quella bella è che il tumore è solamente lì, quella brutta è che bisogna toglierlo dalle palle”.
Avevo paura dell’operazione, dell’anestesia totale, delle conseguenze che ci sarebbero state dopo… Il dottor Baronzio mi disse chiaramente che la strada giusta era quella che mi era stata indicata dall’urologo, di prendere il coraggio a due mani e di andare avanti.
Quel coraggio che ha sempre accompagnato la sua missione di medico della mutua, anche se era un po’ scorbutico e, a volte i suoi ‘tazebao’, come quelli sulle buste chiuse, non sconvolgevano la vita di nessuno. Sessantenni e più, eravamo cardiopatici entrambi, ma quando c’era il tempo per le chiacchiere l’argomento forte erano i libri. Ne aveva scritti più d’uno, in inglese, sulle cause nascoste dei tumori, in collaborazione con altri studiosi che non si stancava mai di ricordare.
Io lo conoscevo bene, lo incrociavo verso l’una, quasi tutti i giorni, in Via Fredda, sulla sua Citroen, mentre ritornavo a casa dall’asilo nido con i nipoti. Accennava alle giovani vite, le frecce lanciate nel futuro, anche lui ne aveva una, ma aveva poco tempo da dedicargli.
Ci dicono che si è sentito male domenica sera e l’hanno trasportato d’urgenza all’ospedale di Magenta dove la Cardiologia è all’avanguardia. Gli hanno messo uno stent, ma poi, sembra, che il cuore sia entrato in fibrillazione e Gianfranco se n’è andato….