TURBIGO – Per mezzo secolo (1919-1970) rimase in funzione la cosiddetta ‘machina da masnà i sass’, difficile trovare il termine esatto in italiano. Di proprietà Cormanni, la famiglia aveva un diritto antichissimo di far fluitare i sassi sul Naviglio Grande (attraverso i barchirò) e, per tale ragione, fu copiosamente compensato dalla Vizzola che, avendo costruito la centrale idroelettrica ‘Guglielmo Castelli’ (1902), aveva creato qualche problema a questo tipo di operazione. Erano sì state realizzate le conche (rimesse in funzione quest’anno, 2015), ma l’operazione era così difficoltosa che, a volte, si preferiva ‘compensare’ che realizzare il trasbordo delle barche.
La fabbrica era ubicata sulla sponda destra del Naviglio (nella foto), poco a valle dell’attuale ponte sulla SS. 341, dove sono rimasti ancora dei fabbricati. I due frantoi macinasassi a ganasce servivano a ridurre i ‘sass bianch’ in pietrisco di diversa granulometria, utilizzato dalla Saffa di Magenta. I granuli, invece, servivano per la produzione di fiammiferi di legno al fine di realizzare il ‘ruvido’ necessario all’accensione del zolfanello. Una parte veniva utilizzato nelle industrie chimiche e farmaceutiche per la fabbricazione di filtri ceramici neutri e resistenti agli acidi (una quantità veniva utilizzata a Corsico come isolante per forni o come crogiolo per cotture ad alta temperatura). Infine, i sassi bianchi ricchi di quarzo, dopo speciali lavorazioni, entravano nelle case sotto forma di piastrelle, piatti, ceramiche.
I ‘MANGIASASS’. A monte del trasporto c’era il lavoro dei mangiasàss che cercavano nel Ticino i sassi levigati e bianchi, dalle dimensioni di un pugno, costituiti da una miriade di schegge di quarzo puro e impuro. Questo materiale veniva raccolto a mano dai cercatori sulle strisce di ghiaia che il fiume in secca lasciava scoperte (come in questo periodo di siccità). Un’attività, quella dei mangiasass andata in archivio, come quella dei cercatori d’oro nelle acque del Ticino, perché l’inquinamento impedisce di ‘pescare’ i sassi bianchi dal fondo del fiume, come si faceva una volta quando l’acqua era limpida.