Respinta l’ennesima richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati di Mario Mantovani, ex senatore, ex sindaco di Arconate ed ex vicepresidente della Lombardia. Il Giudice per le indagini preliminari, Stefania Pepe, ha infatti rigettato l’istanza dei legali del politico che chiedevano la revoca dei domiciliari e il ritorno a piede libero dell’indagato.
Il Pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Giovanni Polizzi, aveva espresso parere negativo sulla remissione in libertà. I domiciliari di norma durano 3 mesi e sarebbero scaduti il 10 gennaio. La misura cautelare può tuttavia estendersi fino a 6 mesi.
Mantovani, finito in carcere lo scorso 13 ottobre con le accuse di corruzione, concussione e turbativa d’asta, era stato poi raggiunto da un altro capo d’imputazione: abuso d’ufficio per le questioni arconatesi della casa di riposo e della compravendita di palazzo Taverna: secondo la Procura di Milano l’indagato avrebbero procurato un ingiusto vantaggio a se stesso e un danno ai suoi concittadini. Ed è proprio Arconate, croce e delizia del politico, la ragione per cui il Pm ha chiesto la conferma degli arresti domiciliari e si è opposto alla remissione in libertà.
La Procura ritiene infatti che Mantovani “resta un politico influente”, avendo peraltro a disposizione una fitta “rete di relazioni” in particolare nel territorio arconatese. Le indagini a carico di Mantovani e di altre 14 persone sono già state chiuse e si attende che il Pm formuli la richiesta di rinvio a giudizio.
Rimangono invece aperti gli accertamenti sui bilanci delle cooperative e delle società che secondo i magistrati sono riconducibili al politico attraverso una serie di prestanome. Una di queste società, la Spem Srl, controllata da Mantovani attraverso due fiduciarie, avrebbe cumulato un patrimonio immobiliare di oltre 11 milioni di euro.