La piccola chiesa cimiteriale di San Vittore Martire sorge su una suggestiva propaggine nel primo terrazzamento del Ticino, il più antico. (1) C’è l’ipotesi che la chiesetta sia sorta a titolo esaugurale, in età longobarda, in quanto tale popolo era solito collocare i cimiteri lontani dai centri abitati, sotto la protezione di una cappella. (2) Sono tante le chiesette (Santa Maria di Ferno, Santa Maria in Binda, San Damiano di Turbigo, San Nicola di Padregnano, Santa Maria di Rubone), tipologicamente simili, esistenti ancora sulla riva sinistra del Ticino che sembrerebbero delineare il tracciato dell’antica ‘strada mercatoria’ (un tratto fu individuato proprio davanti all’entrata del Padregnano), che dai paesi dei laghi arrivava sino a Pavia. D’altra parte, la fascia golenale, dove scorreva la strada, originariamente boschiva, cominciò a ridursi a cultura in età pre-romana, finché si creò – sotto al terrazzo naturale, dov’è posizionata la chiesa – un abitato sparso, documentato dalle antiche chiese citate alla fine del XIII secolo da Goffredo da Bussero, ma anche dai ritrovamenti archeologici d’età romana. Infatti, la valle (così è chiamata dai locali), sottostante la chiesetta, di indubbio interesse archeologico, conserva memorie e reperti romani del primo e secondo secolo d. C. (sesterzi e altro) e la scoperta – circa un secolo fa – di una necropoli alla Cascina Paradiso (sepolcreto di cremati) documenta l’antica presenza celtica del V secolo a.C. e oltre.
Il territorio subì una metamorfosi radicale dopo l’anno mille quando al Padregnano si insediò un monastero fruttuariense che, con i diversi cambiamenti che si ebbero nel tempo, promosse il dissodamento delle zone boschive per renderle adatte alle coltivazioni, anche attraverso la canalizzazione dell’acqua (fontanili). Proprio tale ricchezza naturale, presente in quantità abbondante, spinse i monaci fruttuariensi a insediarsi a Padregnano, uno dei locus più remoti della riva sinistra del Ticino.
SAN VITTORE, IL PADREGNANO E LA PADREGNANA
Padrignianum – L’imperatore Federico (trattato di Reggio del 1185) concesse ai Milanesi tutte le regalie che l’impero aveva nell’arcivescovado di Milano, nei contadi del Seprio, della Martesana, della Bulgaria, di Lecco e di Stazzona. In questo testo che è alla base della nascita dei Comuni è citato Padrignianum (il toponimo è romano) come limite estremo del comitato del Seprio, la cui estensione, dal Lago Maggiore, seguendo il corso del Ticino, giungeva a sud fino al ‘nostro’ Padregnano, oggi in territorio di Robecchetto con Induno, anche se il toponimo è certamente più antico di quello del Comune di cui oggi fa parte. Il trattato medievale sottolinea l’importanza del villaggio di Padregnano, che si trovava, nell’antichità, all’incrocio di tre strade: la mercatoria, la Como-Novara, la Milano-Novara. Era punto di riferimento di quattro distinti insediamenti: il villaggio con la chiesa di Sant’Ilario (della quale si sono perse le tracce), il monastero con la chiesa di San Nicolao (ancora esistente), il castello inferiore e un altro superiore adiacenti alla chiesa di San Vittore (un documento del XII secolo cita San Vittore come dipendenza del monastero di Padregnano, nel quale si ricorda la presenza di un castrum nelle vicinanze) e il porto-natante sul Ticino. Difatti, negli anni dopo il Mille, fu insediato un monastero fruttuariense, con un ‘ospitium’ per pellegrini e viandanti, la cui storia secolare è stata raccontata dettagliatamente nelle pubblicazioni di Alfredo Lucioni. Nel 2015 (anno che ha visto la morte dell’ultimo proprietario Danesi) il fabbricato millenario è in vendita. Cadente ormai, è ancora individuabile la matrice originaria, ma lo sarà ancora per poco.
Padregnana – La storia della Padregnana, completamente diversa da quella del Padregnano, è legata al Naviglio Grande e al ponte che fu costruito, prima in legno (sono ancora evidenti, poco valle dell’attuale ponte, i monconi dei pali di legno infissi nell’alveo del canale) e poi, nel 1595 in pietra. L’insediamento (osterie) nacquero in questo contesto, mentre le cascine che la contornano sono, per lo più, di origine cinquecentesca.
1997 – L’ INTERVENTO DI RESTAURO DELLA CHIESA DI SAN VITTORE
Con deliberazione 42/1997 fu approvato il progetto di restauro della chiesa di San Vittore (primo intervento). Nell’atto amministrativo si richiamava la delibera 390/1996 con la quale era stata affidata agli architetti Laura e Angelo Vittorio Mira Bonomi la progettazione e la Direzione Lavori del restauro. Il progetto esecutivo del primo intervento comportò una spesa dell’ordine di un centinaio di milioni di vecchie lire che furono messe a disposizione dalla Trc. Segue la relazione tecnico-descrittiva firmata dall’architetto Angelo Vittorio Mira Bonomi:
“Il restauro è anche l’occasione per l’indagine storico-artistica di questa chiesa dedicata a San Vittore, martire milanese con i compagni Nabore e Felice al tempo dell’imperatore Massimiano.A questo santo furono dedicate nell’hinterland milanese, soprattutto per opera di Sant’Ambrogio, diverse chiese, in particolare questa esaugurale costruita probabilmente sulle fondazioni di un tempio aulico di Età Augustea che ho supposto esastilo pseudo periptero nello studio sulle “Presenze tardo romane nel limes prealpino del Seprio occidentale, il Ponte Sublicio di Turbigo”, 1987, in occasione del centenario del ponte.
Durante gli scavi del nuovo Cimitero, all’esterno del muro di cinta, abbiamo rinvenuto una solida platea di conglomerato di ciottoli e malta di calce d’Età Romana, con alcuni frammenti ceramici e, con la parte inferiore del capitello corinzio-romano, rinvenuto nello stesso Cimitero ed oggi depositato nel palazzo comunale, suggeriscono un’attenta ricognizione del sottosuolo esterno e delle partiture murarie per la verifica della probabile esistenza di affreschi d’alta epoca, all’interno e all’esterno della chiesa.
Ciò premesso, il primo intervento, con l’importo messo a disposizione dall’Amministrazione, comprende perimetralmente il consolidamento delle fondazioni, l’asportazione totale della copertura lignea esistente con il relativo controsoffitto realizzato in data recente (come quello di Santa Maria in Binda che risultava posteriore al 1929 per il fregio datato riscoperto durante il restauro), l’esecuzione di una correa interna in calcestruzzo armato sulle quattro pareti per formare una ghiera d’appoggio delle capriate lignee (…)”
In un secondo intervento al piede dell’edificio, escluso il lato est e parte del lato nord interessato da sepolture recenti (…) verrà prestata particolare cura alla salvaguardia e al consolidamento delle tracce di intonaco di calce con decorazioni a stiletto di croci longobarde segnate superiormente a lato della porticina sul lato ovest e a quelle affrescate sugli altri lati. Viene suggerita all’Amministrazione un’ulteriore indagine accurata sulle pareti della chiesa che probabilmente sarà affrescata o decorata”.
Successivamente, con delibera 87/2002 venne approvato il progetto esecutivo per il completamento del restauro e consolidamento della chiesa di San Vittore nel Cimitero di Robecchetto per un importo di 150mila euro che, però, non fu realizzato.
LA CHIESA OGGI
Vediamo come si presenta oggi l’edificio che nel corso dei secoli ha subito numerosi interventi di restauro, l’ultimo una ventina di anni fa – come scriviamo qui sopra – ha comportato il rifacimento del tetto, intervento che ha fatto affiorare lacerti di affreschi che coprivano la parete absidale.
Le pareti perimetrali sono, in particolare nella sezione inferiore, per lo più costituite da materiali ‘poveri’: ciottoli del Ticino che hanno però il vantaggio di non sgretolarsi come succede ai mattoni; scampoli di pietra; frammenti di cotto che delineano la monofora strombata della fine del XII secolo; materiali e metodi tipici degli edifici romano-longobardi del secoli anteriori al Mille.
La parete laterale sinistra riporta, murata, una palla di cannone del giugno 1859, documento – insieme a quella esistente nel palazzo de Cristoforis di Turbigo – del combattimento di Turbigo-Robecchetto che aprì la strada alla battaglia di Magenta, primo passo verso l’Unità d’Italia.
FOTO (nell’immagine S. Vittore è a Nord, in alto)
Mappa del 1776, già pubblicata nel volume ‘Induno-Malvaglio, Padregnano-Robecchetto’ (1997), prima storia di queste località curata da Giampaolo Cisotto, Giuseppe Leoni e Luisa Vignati.
NOTE
1 – Un’altra chiesetta simile, dello stesso stile e genere – sempre posizionata sul primo terrazzo del Ticino – si trova tra gli abitati della Sforzesca e di Belcreda, poco lontano dalla provinciale Vigevano-Pavia.
2 – Una importante testimonianza è la basilica di San Michele ad Oleggio, da secoli adibita a cappella cimiteriale. Essa è citata la prima volta nel 973 e la sua fondazione è da connettere agli stanziamenti longobardi