Com’è tradizione, l’ultimo giovedì di gennaio, nel campo della Giobia, Via Trieste-Via al Torrione (zona Scuola Media), il 28 gennaio, alle 21, gran falò della Giobia organizzato dalla Pro-Loco con il patrocinio del Comune e il contributo del Gruppo Volontari, del Parco del Ticino, di Legambiente di Turbigo. Oltre a ‘tout le monde’, sono invitati a partecipare, in particolare, i bambini della Scuola Materna Statale e Ente Morale, i bambini della Scuola Primaria e i ragazzi della Scuola Secondaria portando il loro contributo: un disegno, una riflessione, una filastrocca.
Lo scopo comune è quello di dare una spinta all’inverno, che andasse a portare il ‘frecc’ qualcun altro, lasciando spazio alla nuova primavera, anche perché la legna per il camino sta finendo e l’attrazione che il fuoco produce in casa non ci sarà più (almeno per chi scrive). Con la Giobia si brucia non solo l’inverno, ma tutti i mali, gli errori, i tradimenti, i rischi ecologici dell’anno passato. Noi non c’eravamo, ma bella civilizzazione contadina tale falò era il mezzo in cui la comunità dimenticava i litigi, passava un colpo di spugna su tutto e ripartiva a continuare la lotta per la vita.
LA STORIA MILLENARIA. Legata a riti ancestrali, la giobia è una di quelle figure del folklore che riveste un ruolo simbolico molto preciso, di raccordo dal mondo pagano a quello cristiano. Una figura di cartapesta, opere d’arte a Turbigo realizzate dal grande Ermanno Solivardi (oppure disegnate dall’architetto Angello Vittorio Mira Bonomi, nella foto), nelle quali si estrinsecava tutta la sua creatività. Sull’origine del nome ci sono diverse interpretazioni: alcuni la fanno derivare dl piemontese ‘giobbia’= giovedì, altri da Giunone (ma ci sono altre interpretazioni legate ai riti della morte), tutte comunque legate all’inverno, un periodo ‘freddo’ per i contadini, contro il quale si inscenava a una sorta di sortilegio per allontanarlo. Appunto, il rogo, accompagnato da schiamazzi e suoni (e vin brulé). Certo è che nella tradizione la Giobia viene descritta come una strega che ha la peculiarità di mangiare i bambini: una figura al femminile (chissà perché?) da bruciare, un’antica tradizione ancora molta diffusa nel nostro territorio (Insubria, Varesotto) nonostante il freddo sia stato sconfitto, ma la lotta per la vita continua.
FOTO Una Giobia di trent’anni fa (disegno di Angelo Vittorio Mira Bonomi)