Dai casi più lievi a quelli gravi. Quelli che impediscono di avere una vita normale. Che distruggono l’esistenza della persona colpita da malattia mentale e dei suoi familiari. Sono circa seimila le persone prese in carico da Centro Psico Sociale di Magenta. Un numero che, all’apparenza potrebbe sembrare enorme e gettare un certo allarme. Ma che, guardato da vicino, non fa altro che rispecchiare un principio fondamentale. Ovvero che prevenire è meglio che curare. Di queste seimila persone la stragrande maggioranza hanno sconfitto il proprio disagio in poco tempo perché si sono accorte subito che qualcosa non andava. In altri casi la situazione è più complessa. Il territorio di riferimento è piuttosto vasto e comprende il magentino, da Robecco sul Naviglio fino a Bareggio e, andando verso nord, arriva fino a Mesero.
Chi sono i pazienti in cura al Cps? C’è una leggera prevalenza per le donne. Per il resto non esiste differenza di ceto sociale, età, istruzione o altro. Chiunque può esserne colpito. A cominciare dagli adolescenti. “E’ proprio sui giovani che investiamo le maggiori risorse, sia dal punto di vista economico che professionale – spiega il dottor Gian Carlo Belloni, responsabile dell’Unità Operativa di Psichiatria a Magenta – quando un ragazzo comincia ad isolarsi manifestando i primi problemi è fondamentale intervenire”. Ma come si entra al Cps? Inutile dire che lo stigma sociale è ancora presente. Ed è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a definirlo “un gravissimo ostacolo che impedisce la buona prosecuzione del trattamento”.
Inutile nascondere che dei casi di persone che si sono tolte la vita negli ultimi anni nel magentino la maggior parte erano in cura al Cps. Ma questo non vuole dire nulla. Le malattie mentali sono sconfinate e possono prendere chiunque. Il lutto di una persona cara può gettarci in depressione, solo per fare un esempio. Naturalmente non tutti si rivolgono al Cps, ma alcuni lo fanno. Ed è una buona cosa rivolgersi a degli specialisti. Al Cps di Magenta ci sono cinque medici, ma ci sono anche educatori e personale infermieristico. Il dottor Belloni spiega che ci sono diversi modi per entrare al Cps: “Si può passare dal medico di medicina generale o un qualunque altro medico che ci invia il paziente. Abbiamo poi l’assunzione in cura e la presa in carico che è l’intervento più complesso e riguarda le situazioni più gravi. Al di là della diagnosi che possiamo fare la cosa che conta è la situazione che il paziente vive. Ad esempio la persona che arriva da noi può avere delle difficoltà così gravi che gli impediscono di lavorare e di vivere. Per queste persone viene approntato il cosiddetto piano di trattamento individuale, strumento che fa parte della cartella clinica del paziente”.
Il medico afferma che i farmaci restano la base per poter stabilizzare il paziente. “Abbiamo la necessità che la persona si riappropri delle sue facoltà – conclude – se non c’è la partecipazione del paziente qualsiasi processo di riabilitazione può rivelarsi inutile”.