E’ la StraMilano dei 60mila. E’ la StraMilano dei keniani e delle keniane. Forti, troppo forti per l’uomo bianco che non può farcela a tenere un ritmo pazzesco. E’ la StraMilano della storia, perché chi ha vinto qui, ha vinto tanto nella carriera. E’ un campione. Ma oggi erano tutti campioni perché Milano, per una mattina si è fermata. E non è poco per una città sempre frenetica dove il ‘tempo’ conta. Non quello del cronometro, s’intende.
Oggi abbiamo scoperto che correre non è una perdita di tempo (come in troppi pensavano fino a qualche anno fa), anzi tutt’altro. Vi raccontiamo la nostra StraMilano. Quella dei dieci chilometri percorsi per le vie del centro. E la mia dei 21 chilometri. Con il primo caldo di inizio primavera. Quasi mancavo la partenza perché mi ero perso, come al solito. Sono riuscito ad entrare nella mia griglia (verde) scavalcando grazie ad uno della ‘Valbossa’ mi pare. Tempo di salutarci e si parte. Quasi mancavo la partenza e allora si che sarebbe stato un disastro. Sapevo di non essere in formissima e mi tengo su un ritmo di 4’40”.
Lo reggo bene fino a 3 chilometri dalla fine quando un collega corridore mi passa l’acqua. Ne avevo bisogno: “Grazie, amico di un attimo”. A uno e mezzo dalla conclusione vengo raggiunto dall’amico Giuseppe di ‘Quelli della via Baracca’, storico gruppo di Ossona. E’ più allenato di me e mi stacca sul finale. Finisco in un’ora e 39’ stremato. Ho chiesto troppo al mio fisico.
Complimenti all’amico Fabio De Angeli che ha chiuso in un’ora e 13’ confermandosi atleta di grande livello.
Quando entro nell’Arena sento l’odore della storia dell’atletica. Qui si è corso, qui si sono scritte pagine importanti di sport. Qui c’è la StraMilano.