Ho letto più volte l’articolo del collega Francesco Maria Bienati sulla sua recente visita al pronto soccorso del Fornaroli di Magenta. Una notte tormentata, carica di ansia, dove la privacy va a farsi benedire. Anche perchè, quando stai male, l’ultima cosa che ti salta in mente è tutelare la tua privacy. E il tuo vicino o vicina di letto lo vedi come un amico da aiutare in caso di necessità. Una settimana fa è toccato a me, o meglio a mio padre. E da cronista non voglio certo smentire il collega, ma completare il suo racconto. Quando ho allertato il numero unico per le emergenze (112) erano le 9.30 del mattino. Mio padre era in una situazione davvero critica, tanto che il soccorso è stato effettuato con il codice rosso della massima urgenza.
La sala operativa, non avendo altre ambulanze più vicine a disposizione, ha inviato l’equipaggio di turno della Croce Azzurra di Buscate. Già questo la dice tutta su quante sono le richieste giornaliere che arrivano al 112. Purtroppo c’è chi lo intasa e chiede l’intervento di un’ambulanza per leggerezze. In pronto soccorso a Magenta viene visitato immediatamente. La priorità ai casi gravi, poi vengono tutti gli altri. E di gente in attesa ne ho vista parecchia. Almeno una quindicina. Il medico mi mostra gli accessi dalla mezzanotte di quel giorno (non erano neanche le 10). Erano tantissimi. Quasi tutti codici gialli e un rosso, il mio. Questo la dice tutta sul fatto che il pronto soccorso rappresenta il punto di riferimento sanitario per il cittadino.
E il medico di famiglia? Verrebbe da porsi questa domanda. Nulla da dire sulla professionalità e cordialità di medici, infermieri e oss. Ma probabilmente un ospedale come il Fornaroli non è pronto per accogliere un numero così elevato di pazienti. Si fatica a trovare una barella a disposizione. Non parliamo nemmeno di avere un monitor per ogni paziente in condizioni di criticità. Ho visto le infermiere e gli infermieri al lavoro correre senza sosta. Quindi non è un problema di uomini. Insomma, le attrezzature mancano e gli spazi non sono adeguati. E’ vero quello che dice Bienati.
Essendo gli spazi limitati non è certo possibile creare delle condizioni affinchè i pazienti stiano accanto a persone dello stesso sesso o con una problematica simile. Nell’astanteria c’erano sei letti con patologie differenti. Fortunatamente la terapia immediata impostata in pronto soccorso ha sortito l’effetto voluto. Ma mio padre andava però ricoverato. Dove? Il medico di turno allarga le braccia e mi risponde: “Bella domanda, dove ci sarà posto. Appena si libera un posto lo ricoveriamo”. Alle 21, finalmente, il posto si è liberato.