TURBIGO – Una serata storica, quella di mercoledì 18 maggio, che ha visto Riccardo De Rosa, profondo conoscitore dello Stato dei Landi, ripercorrere la Signoria che ebbero a Turbigo. Introdotto dall’assessore alla cultura, Bruno A. Perrone e dal presidente della Commissione della Biblioteca, Paolo Mira, lo storico ha ricordato innanzitutto come il castello turbighese sia stato molto citato nel periodo visconteo-sforzesco, proprio per la sua importanza militare (passaggio del Ticino) che Francesco Sforza intuì al punto da impiantarvi un presidio permanente.
LA SUCCESSIONE FEUDALE. Riccardo De Rosa è partito dall’infeudazione del feudo turbighese da parte dei Maggi (1538), per passare poi ai D’Adda e, infine, ai Gallarati, (1569), famiglie queste non ancora nobili, dedite all’investimento nei terreni, una sorta di ‘finanza’ ante-litteram. Nel 1551 c’era stato il matrimonio tra Porzia Landi e il conte Gallarati (del ramo di Desio) i quali ebbero un unico figlio, Guido (+1580, per sifilide). Alla morte di quest’ultimo, la contessa Porzia Landi Gallarati si mise d acquistare terreni ubicati in Turbigo (ci sono 98 atti notarili nel periodo) e, nel tempo, maturò l’idea di inglobare il feudo camerale turbighese (avuto in eredità dai Gallarati) nel patrimonio della sua famiglia originaria: i Landi. E così, il 14 maggio 1590, con una donazione (rogata dal notaio Pinotino) lasciò tutto al nipote Federico, unico figlio maschio del fratello.
I TURBIGHESI PASSANO SOTTO I LANDI. Nel 1604, informato della morte di Ercole Grimaldi, Signore di Monaco, Federico con quaranta armati si recò nel principato e strappò la tutela dei tre nipoti che Ercole Grimaldi aveva avuto dalla sorella Maria Landi. I tre giovani Grimaldi – risulta dai documenti – soggiornarono a Turbigo. Il castello turbighese era per Federico Landi il ‘buen retiro’, dove passava le estati con le sue amanti dalle quali ebbe due figli maschi (uno si chiamava Francesco). Dalla moglie Placidia Spinola, invece, ebbe una sola figlia, Polisena, che nel 1627 sposò Giovanni Andrea Doria di Genova, ma solamente nel 1643 Polisena diventa Signora di Turbigo.
Durante la peste manzoniana del 1629-30 don Federico rimase a Bardi e a Turbigo mandò Luigi Strinati il quale governò saggiamente per sei anni attenendosi alle direttive del Magistrato della Sanità di Milano, facendo in modo di salvaguadare la popolazione dal terribile morbo infettivo.
DON FEDERICO LANDI era un personaggio eccezionale per il suo tempo. Parlava cinque lingue, tra cui l’arabo. Aveva conosciuto personalmente Galileo in quanto appassionato di astronomia. Fino al 1643 fu lui a firmare tutti gli atti riguardanti la gestione del feudo turbighese: nominava il ‘massaro’, il ‘governatore’, il ‘podesta’ proprio perché l’investitura feudale per ‘podestà di gladio’ glielo consentiva, nel senso che aveva l’autorità per gestire la giustizia sia civile sia penale di 1° grado. Al Senato di Milano si andava solamente in 2° grado, appello che era una prerogativa riservata ai ricchi, proprio per i costi esosi. Quando morì, nel 1661, lasciò tutti i beni alla figlia Polisena, ma non dimenticò i suoi due figli naturali, ciò che fece inorridire i suoi stretti famigliari. Turbigo rimase nel patrimonio dei Landi fino al 1806: più di due secoli!
IL SOGNO: FEDERICO LANDI & FLAMINIO PIATTI. I due vissero a Turbigo lo stesso tempo. Entrambi avevano un’abitazione turbighese, entrambi collezionisti di opere d’arte e animati dagli stessi interessi scientifici. Federico aveva la facoltà di leggere testi messi all’indice dalla Chiesa e, magari, di discuterli con Flaminio. Ecco, l’incontro ‘storico’ si è chiuso ricordando due grandi personaggi turbighesi, con l’impegno – da parte del Comune – di pubblicare le quaranta cartelle della ricerca storica di Riccardo De Rosa, costata circa un migliaio di euro al Comune.