Su quella che fu “La Battaglia di Magenta” la storia ha tramandato solamente gli avvenimenti che si svolsero in tale città, mentre fu il territorio il vero protagonista della seconda guerra d’indipendenza e se non ci fosse stato il passaggio di Mac Mahon a Turbigo-Robecchetto, nella notte tra il 2-3 giugno 1859, le sorti della Battaglia avrebbero preso un’altra piega perché, nonostante il valore, lo sfondamento del fronte austriaco a Ponte Vecchio non sarebbe avvenuto e Napoleone III sarebbe rimasto a fumare “inebetito” i suoi sigari sulla torre di San Martino al Basto fino alla sconfitta.
Ma andiamo per gradi.
Il generale francese Patrizio di Mac Mahon era sbarcato alla fine di maggio con un forte Corpo di Tiratori algerini e si era mosso verso il Ticino per dar manforte agli Alleati dopo le gloriose giornate di Montebello e Palestro.
Occorreva, ora, passare in Lombardia e Turbigo fu ritenuto il varco più adatto, per la strettezza del fiume e per essere ugualmente lontano dalle truppe di Gyulai ch’era ad Abbiategrasso e da quelle di Urban di stanza a Varese.
Promotori del passaggio del fiume furono il parroco di Turbigo e il medico condotto Brumatti che, fomentato da don Pietro Bossi, attraversò il Ticino (che era pieno in quel periodo per le forti piogge dei giorni precedenti), contattò i Francesi informandoli della distribuzione delle forze austriache. Il passaggio del Ticino fu deciso per il mattino del 3 giugno e perciò nella notte fu gettato un ponte di barche.
E’ stata tramandata nella memoria storica locale la grande cannonata della sera del 2 giugno che aveva messo il paese in indescrivibile allarme in quanto si temeva che fosse iniziato il combattimento alle porte del paese. Invece, con quel colpo si era lanciato un proiettile con una robusta fune che, fissati i capi a terra su entrambe le rive, sarebbe servita a realizzare il ponte di barche.
Nella notte stessa passò una prima brigata guidata verso il Naviglio dai fratelli Pironi, cui tenne dietro al mattino, l’intera divisione di Mac Mahon. Il generale, con una piccola scorta, volle subito spingersi all’altopiano asciutto, fin su il campanile di Robecchetto per esaminare il territorio circostante. Appena salito ridiscese velocemente lanciandosi in una precipitosa fuga: aveva scorto a qualche centinaio di metri una forte colonna austriaca che avanzava a gran passo verso il paese.
I FALSI DI ROBECCHETTO
Di tutta la vicenda che riguardò il combattimento di Turbigo-Robecchetto e il passaggio delle truppe Franco-Piemontesi, è stato tramandato nella memoria storica locale una curiosa storiella denominata “I falsi di Robecchetto”.
Perché, quando Mac Mahon, intravisti gli Austriaci che si stavano precipitando al Ticino, si riparò nel Castello di Turbigo, arrivati a Robecchetto gli Imperiali chiesero ai contadini se avessero visto delle truppe francesi circolare e la risposta fu: “Noi non abbiamo visto niente”. E qualche ora dopo ci fu il combattimento.
LO SCONTRO
Rientrato a Turbigo da Robecchetto, quello che poi sarebbe diventato Maresciallo di Francia e Duca di Magenta, ordinò subito l’attacco ai tiratori algerini. Si installò nel castello e fece fare una breccia nel sottotetto (che ancora oggi si conserva, dicono) per seguire il combattimento che vide in prima linea i turcos combattenti all’arma bianca lanciando terrificanti urla, un arabo (uno di questi turcos è stato effigiato in un soffitto a cassettoni della casa d’angolo di Via Fredda-Via Matteotti e l’originale è conservato da Ermanno Solivardi).
Nel violento scontro, avvenuto all’Arbusta, gli Austriaci ebbero un centinaio di perdite e furono ricacciati dalle baionette dei turcos verso Malvaglio e da qui fuggirono per Cuggiono e Marcallo verso Magenta, ove l’indomani avrebbero ricevuto un’altra batosta.
Nel combattimento di Turbigo-Robecchetto i Francesi ebbero una quarantina di feriti e otto morti: i primi delle migliaia (tra cui moltissimi ufficiali e generali) che la Francia avrebbe lasciato al di qua del Ticino, specialmente durante il durissimo scontro di Ponte Vecchio a Magenta, dove – per mancanza di ufficiali, tutti caduti – si era messo alla testa della truppe addirittura il Comandante della Guardia Imperiale, il generale Regnaud Saint Jean d’Angely, il cui eroismo riuscì a frenare l’azione degli austriaci.
Non è un caso che De Gaulle (1959) venne a Magenta ad onorare i tanti morti per l’unità italiana. Comunque, unico ufficiale caduto nel combattimento di Turbigo fu Ernesto Vaneecout che da allora riposa nel cimitero del paese. Per molti anni i genitori dell’eroe morto per la libertà di una terra straniera vennero a portare i fiori sulla tomba che l’Amministrazione comunale turbighese ha sistemato in occasione del centenario della battaglia e che ora avrebbe bisogno di un ulteriore restyling.