MAGENTA – “Una grande vittoria. Cinquemila prigionieri austriaci uccisi i feriti.” Questo il testo del telegramma che Napoleone III inviò la sera del 5 giugno da Magenta. Non accennò ai 4530 soldati francesi caduti, tra cui moltissimi ufficiali.
La battaglia di Magenta non era stata premeditata dai contendenti, ma fu il risultato di una concomitanza di cause. In primis, il passaggio del fiume a Turbigo grazie al ritardo di Urban trattenuto a Varese da Garibaldi. Dopo il combattimento di Turbigo-Robecchetto (del quale abbiamo scritto nella precedente puntata) i francesi si mossero, parte costeggiando la riva sinistra e parte quella destra. L’idea era quella di serrare la tenaglia a Magenta, ma i tempi non furono rispettati, perché le strade erano impraticabili per le recenti piogge, ma poi avvenne il miracolo…
Nelle prime ore del pomeriggio del 4 giugno, Napoleone III – che si era posizionato sulla torre di S. Martino al Basto e fumando disperatamente dei sigari – udendo il cannone De La Motterouge tuonare in direzione di Boffalora credette che l’avanzata fosse già iniziata e ordinò alla divisione Mellinet di attaccare contemporaneamente Ponte Vecchio e Ponte Nuovo.
Fu un macello. La foga dei Granatieri e degli Zuavi della Guardia Imperiale fu stroncata dall’azione degli Austriaci che, per mezzo di due obici, falcidiarono le prime linee costringendo i Francesi a ritirarsi. Napoleone non sapeva più che cosa fare: il tempo passava e i cannoni di Mac Mahaon dalla parte di Boffalora continuavano a tacere e da Novara i soccorsi non arrivavano. Solamente la parola RESISTERE ripetuta continuamente alle richieste dei suoi comandanti dava il segno dello sbigottimento in cui era sprofondato l’imperatore che, per resistere, gettò nella mischia i suoi migliori squadroni di scorta.
Investiti di fronte e di fianco da forze di gran lunga superiori, i Granatieri e gli Zuavi sembravano destinatI alla disfatta totale. Purtuttavia, i valorosi reggimenti francesi, alla cui testa si era messo addirittura il Comandante della Guardia Imperiale, il generale Regnaud Jean D’Angely, benché avessero subito pesantissime perdite, non cedevano e disputavano il terreno palmo su palmo. Il loro eroismo è documentato dalla morte sul campo di migliaia di soldati, generali, ufficiali superiori e inferiori, che cercarono con tutte le forze di resistere all’irruenza austriaca. Rimasero lì, piantati nel fango, a morire finché alle 16 Mac Mahon, liberatosi a Boffalora, entrò in contatto con quello che era rimasto della Guardia Imperiale.
Le due ali manovranti dell’Armata francese si erano così congiunte formando una tenaglia che avrebbe stretto il nemico in terra magentina. Ma il prezzo da pagare in vite umane fu alto. I soldati di Mac Mahon, animati dalla vista delle prime case, si lanciarono arditamente in avanti e molti di essi furono falcidiati dalle mitraglie austriache che costituivano la prima linea di difesa posta in corrispondenza della ferrovia. Il generale Espinasse, proveniente da Marcallo, riuscì a sfondare la prima linea e avanzò verso il centro di Magenta tenendo come riferimento il campanile della chiesa.
Ma i Cacciatori tirolesi erano asserragliati nella Casa Giacobbe e con un fuoco infernale di fucileria cercavano di sbarrare il passo all’avanzata francese. Fu così che nel mentre Espinasse spronava i suoi Zuavi all’assalto, una fucilata lo colpì e il generale stramazzò al suolo proprio nel punto in cui oggi è murata una lapide in ricordo. Un urlo di rabbia s’innalzò allora dagli Zuavi. Come leoni infuriati si gettarono contro la casa, sfondarono le porte e uccisero tutti coloro che la difendevano…senza nessuna pietà.
Quella sera, sul campo di battaglia – dopo aver trasmesso il telegramma che dà il titolo a questa rievocazione – Napoleone III nominò i generali Mac Mahon e Regnaud Saint Jean D’Angely, marescialli di Francia e il primo anche Duca di Magenta.
FOTO La morte del generale Cler avvenut all’entrata di Magenta, provenendo d Marcallo. Una lapide ricorda il punto preciso dove fu colpito da una pallottola in testa sparata dai cacciatori tirolesi che furono successivamente massacrati dagli Zuavi del generale francese.