Angelo Paratico ha pubblicato, sul blog di Dino Messina del ‘Corriere della Sera’, il seguente articolo nel quale contesta il fatto – attribuito dalla cosiddetta ‘diffamazione storica ‘ – che sia stato Nerone a uccidere il fratellastro Britannico.
A Nerone (37-68) vengono attribuiti crimini orrendi, la gran parte dei quali sono il frutto dell’opera di demolizione politica attuata dalla dinastia Flavia, che rimpiazzò quella Giulio-Claudia. Nerone fu l’ultimo dei Giulio-Claudi e, pertanto, fu da un punto di vista dinastico un ‘tesoro vivente’ possedendo come antenati il gotha di Roma: Cesare, Augusto, Druso, Marcantonio, Germanico, Agrippa e via dicendo.
L’opera di diffamazione storica dura sino ai giorni nostri. Infatti, il suo nome figura costantemente nella lista dei peggiori mostri appartenenti al genere umano.
Il primo a squarciare il velo sulle menzogne che hanno distrutto la sua reputazione fu il milanese Gerolamo Cardano (1501-1577?) che nel 1562 lo riabilitò pubblicando a Basilea il suo ‘Neronis Encomium’ un’opera che viene letta come puro paradosso o esercitazione retorica, quando invece si tratta di una nuova interpretazione storica rivoluzionaria.
Ciascuno di noi conosce la lista dei crimini attribuiti a Nerone. L’aver bruciato Roma, mentre suonava la lira, ma in realtà non si trovava a Roma quando scoppiò l’incendio e si diede da fare per alleviare le sofferenze del popolo. Sterminò migliaia di cristiani, ma in realtà i cristiani erano pochissimi a Roma e a Nerone stavano simpatici, grazie alla moglie, Poppea Sabina, stranamente filoebraica. Uccise la madre, questo è vero, ma sua madre, Agrippina minore, era una ‘killer seriale’ che stava per ucciderlo. Uccise la sua amata moglie Poppea Sabina con un calcio, incinta, perché l’aveva rimproverato per essere rincasato tardi, ma si trattò, verosimilmente, d’una semplice emorragia pre-parto. Fu un artista da strapazzo, che tolse dignità all’impero con le sue volgari esibizioni, ma pare che avesse molto talento e questo lo ammette anche un suo detrattore, Svetonio, a denti stretti.
Vorremmo ora esaminare un suo presunto crimine minore: l’uccisione del fratellastro Britannico (41-55) figlio dell’imperatore Claudio (10 a.C. – 54) e di Messalina. Quest’ultima era stata già tolta di mezzo da Agrippina per aver mano libera con suo zio Claudio, che sposò e poi lo convinse a togliere il diritto dinastico a Britannico e a passarlo al proprio figlio, Nerone. Pare che un ripensamento di Claudio a favore di Britannico abbia spinto Agrippina a ucciderlo, con un fungo avvelenato.
Con Agrippina intorno e senza il padre e la madre a difenderlo, Britannico pareva avere i giorni contati. Infatti cadde morto durante un banchetto nel 45 e Agrippina, che era presente, notando l’indifferenza di Nerone, recitò la parte della madre del mostro, facendo capire che lui era il responabile. Il motivo dell’astio di Agrippina nei confronti del figlio è da ricercarsi nel fatto che gli stava sfuggendo di mano, dopo che lo aveva posto sul trono con i suoi maneggi da assassina. Il primo segno della ribellione di Nerone era stato l’abbandono di Ottavia, figlia di Claudio e il suo amore per Acté, una liberta greca che gli aveva fatto perdere la testa. Quella era una unione impossibile ma che durerà sino alla sua morte. Infatti, quando la mattina del 9 giugno 68 Nerone si tagliò la gola con una spada, sarà lei, Acté, che ebbe il coraggio di farsi avanti per reclamare il suo corpo e dargli una degna sepoltura. Fu davvero Nerone a uccidere Britannico, oppure fu un incidente o, ancora, fu la solita Agrippina a ucciderlo?
L’ultima ipotesi pare la più improbabile, perché Britannico in quel momento serviva ad Agrippina per tenere a bada Nerone. Se non avesse seguito gli ordini della madre, lei avrebbe potuto toglierlo di mezzo e sostituirlo con Britannico.
Guardiamo alle circostanze della sua morte, come ci vengono narrate dagli storici, prima con Tacito, che nacque l’anno successivo alla morte di Britannico e che deve aver parlato a dei testimoni. Traduco liberamente dagli Annali ( libro XIII): “Era usuale per i principi di sangue sedere insieme agli altri nobili della stessa età, sotto allo sguardo dei loro parenti, su di un tavolo separato, con suppellettili ordinarie. Lì Britannico stava cenando. Ciò che mangiava e beveva veniva sempre assaggiato da uno dei servitori, tutto ciò per far sì che la morte di questo potesse allertare il principe. Una tazza con del liquido già testato ma molto caldo fu passata a Britannico; lui la rifiutò per via del fatto che era troppo calda, venne aggiunta acqua fredda contenente il veleno. Tale veleno venne assorbito con tale rapidità che gli fece perdere la voce e il respiro. Vi fu un fremito fra i commensali, presi alla sprovvista e qualcuno prese a correre di qui e di là, mentre i più attenti rimasero fermi, con i loro occhi puntati su Nerone, il quale con grande calma disse che era uno dei suoi soliti attacchi di epilessia, una malattia che lo aveva colpito durante l’infanzia e aggiunse che la vista e i sensi sarebbero ritornati gradualmente. Mentre Agrippina, il cui terrore e confusione erano a tutti visibili, anche se cercava di tenerli nascosti, dando prova di non essere parte del complotto, come del resto Ottavia, la sorella di Britannico, la quale si vide privata del suo ultimo rifugio, dopo il parricidio. E anche lei, Ottavia, aveva appreso a nascondere le proprie emozioni e il proprio dolore. Perciò dopo quel fatto la cena proseguì normalmente.”
Tacito aggiunge poi che resisi conto della morte di Britannico si fecero rapidamente i preparativo per il suo funerale, fu arso rapidamente e poi sepolto nel Campo Marzio, nel bel mezzo d’un violento temporale con tuoni e fulmini (visti come un segno dell’ira celeste per quel crimine). Tacito allude anche al fatto che, secondo alcuni scrittori di quel periodo, vari giorni prima Nerone avrebbe sodomizzato il fratellastro, aggiungendo insulto al crimine.
Svetonio successivamente rincara la dose, sfiorando il ridicolo, nella sua ‘Vita dei Cesari’ (33 II) ove dice che Nerone lo uccise anche perché gli inviadiava la voce, più soave della sua. Aggiunge anche che si fece dare il veleno da Locusta, l’avvelenatrice usata da Agrippina per uccidere Claudio.
Dione Cassio nella sua ‘Storia Romana’ (Libro LXI) scritta quasi due secoli dopo i fatti, lavora ancor di più con la fantasia, creando una immagine da film dell’orrore, con la salma di Britannico illuminata dai lampi e bagnata dalla pioggia:
“Nerone uccise con l’inganno Britannico per mezzo del veleno e poi, quando la sua pelle divenne livida per l’azione del veleno, per coprire il colore lo coprì di gesso ma mentre la salma veniva portata nel Foro, una piaggia battente lavò via quel gesso, così tutti ebbero la prova visiva di ciò che avevano udito.”
La possibilità d’uso di un veleno così rapido è da escludersi, perché non ne esistevano a Roma e, infatti, la stessa Agrippina per avvelenare Claudio prese molte ore, con ripetute spennellate nella gola dell’agonizzante imperatore, fatte dal suo medico personale, prima di vederlo alfine spirare.
Per avere una opinione scientifica basandoci sugli scarsi sintomi riportati dagli storici, abbiamo chiesto a un amico, il professor Gavin Joynt, Presidente del centro di Anestesia e cure intensive presso alla Facoltà di medicina della Università Cinese di Hong Kong.
Dopo aver osservato le scarse indicazioni offerte dagli storici egli ci dice che sono possibili cause di morte sia naturale che non naturale. Nel caso della epilessia – già evocata da Nerone, che si è mostrato bravo clinico – come accenna Gavin Joynt, le piccole crisi precedenti potrebbero aver portato a una crisi finale più grave delle precedenti, con blocco del bolus di cibo nell’esofago e asfissia. Qualora il boccone non venga prontamente rimosso, la morte arriva rapidamente, lasciando una tinta cianotica sul viso. Esistono varie forme di attacchi epilettici e sappiamo che anche Giulio Cesare ne soffriva, dunque Britannico potrebbe averla eredita dalla linea paterna, oppure, come suggerisce Gavin Joynt – un grande collezionista di monete romane – anche suo padre, Claudio, era stato affetto da tali crisi leggere in gioventù, infatti sua madre lo credeva mentalmente ritardato e Svetonio dice che nella sua giovinezza: ‘il vigore della sua mente e del suo corpo risultavano offuscate.’
L’attacco non ebbe caratteristiche toniche-cloniche ma fu di tipo più leggero. Durante una crisi di assenza temporanea dei sensi, comune nei ragazzi dai 4 ai 14 anni, una persona fissa lo spazio per una decina di secondi mentre nel caso di crisi complesse il soggetto fa dei movimenti con le mani. Oltre a fissare il vuoto può battere le ciglia, masticare o muovere le mani, sino a 20 secondi di assenza. Da qui, forse, deriva la descrizione data dallo storico, che lo mostra incapace di vedere e di sentire, non veleno dunque, ma leggero attacco epilettico degenerato in soffocamento.