TURBIGO – Domenica 16 giugno 2016, le pale della ruota idraulica del molino del Pericolo hanno ricominciato a ruotare, mosse dell’acqua corrente della roggia molinara che da un millennio attraversa il territorio turbighese. Questo miracolo è stato compiuto grazie alla famiglia Longoni che, due anni fa, acquistò l’immobile e si impegnò a recuperarlo, perché, come ha detto Tecla Longoni, già preside di liceo, “il nostro intento, al momento dell’acquisto, è stato quello di recuperarne la storia, la tradizione locale, allo scopo di tramandarla ai giovani …perché un albero senza radici, cade“.
Dopo due anni di lavoro il molino ha ritrovato la sua identità storica. La ruota idraulica ha cominciato a girare e sarà calettata presto ad un alternatore per la produzione di energia elettrica (4-8 KW), ciò che renderà autosufficiente il sito. L’opera di ricostruzione della ruota idraulica – ha detto l’ing. Luigi Longoni – è stata resa possibile ricavando le misure dalle vecchie ruote ancora in essere (come al ‘Molino Vecchio in territorio di Castano, per il quale urge un ‘revamping’). Dall’osservazione, dunque, dell’esistente, è partita la progettazione delle pale che ha permesso ad una carpenteria di Magenta di realizzare la ruota idraulica che è stata montata e inondata dall’acqua corrente per la prima volta domenica scorsa alla presenza del sindaco Christian Garavaglia. Il momento clou è stato registrato dal video allegato.
La storia di questo angolo di paradiso è millenaria.
Le ricerche storiche condotte da Tecla Longoni, con l’amico-collega Franco Bertolli, le hanno permesso di dire che “Nel 1140 Corrado III di Svevia III (Re d’Italia dal 1127) concesse alle comunanze locali l’uso gratuito dell’acqua della roggia che fu interrotta per lo scavo del Naviglio Grande (1177). Il successore, Federico Barbarossa, donò i diritti della roggia al conti di Biandrate, alleati dell’imperatore nella lotta contro la Lega Lombarda. Da allora i mugnai locali ricominciarono a pagare le tasse. Successivamente, documenti dell’epoca viscontea-sforzesca, attestano che i conti Piatti chiesero di riattivare a loro spese l’antica roggia che divenne di loro esclusiva proprietà”.
Prima di tali approfondimenti storici, la così chiamata ‘roggia molinara di Castano’ – oltre al molino del Pericolo – alimentava, a monte, il Molino Vecchio (già documentato nel 1111) e il Molino Nuovo (1474) al Ponte di Castano. Dopo secoli di abbandono, quindi, al Molino del Pericolo è stata ritrovata l’anima originaria attraverso un attento recupero conservativo che ha fatto scoprire nella stanza del camino uno stipite in mattoni risalente al XIV. Inoltre, nell’atto notarile Piatti è descritta, per filo e per segno, la composizione dei vari ambienti che sono stati ritrovati: fienile, stalle, casa mugnaio, molendinum, colombari e due portichetti. Come dicevamo, fino alla fine del Settecento il molino rimase nella disponibilità della famiglia Piatti, poi fu venduto (insieme ai diritti sulla roggia) a Tomaso De Cristoforis e, successivamente, a Luigi Tatti. Della sua storia, nell’Archivio Comunale, rimangono poche tracce. Di certo sappiamo che aveva ‘pelato’ il riso per tante famiglie locali, anche perché in zona era l’unico in grado di svolgere una tale sofisticata operazione. L’Archivio Storico Civico (cat. 11, fasc, 1889) parla delle autorizzazioni comunali alla pilatura del riso presso il molino di Giovanni Paglino. Siamo negli anni ’30 del Novecento e la Federazione Provinciale Fascista degli Agricoltori chiedeva al Comune l’elenco delle pile riso con i nominativi dei condutttori. Le autorizzazioni comunali riguardavano Bianchini Giuseppe, Mereghetti Pietro e Leonardo, Facheris Alessandro, Tura Giacomo, Poretti Ermes, Monticelli Giuseppe, Parini Alberto, Merlo Giuseppe, Baga Giuseppe e Filippo, Dondi Pietro, Ferrari Natale, Garegnani Ernesto, Vergani Enrico, Garegnani Cesare. Cognomi di un secolo fa, ancora oggi esistenti, ma non siamo così sicuri che lo saranno ancora fra un altro secolo.