TURBIGO – Noto che i miei ‘esercizi spirituali’, sulle vie turbighesi, non incontrano grande interesse, ma vado avanti lo stesso ricordando la figura e l’opera di don Lino Beretta nel quarantennale della sua morte. Oggi, 15 luglio 2016, giorno ottenebrato dalle notizie funeste provenienti da Nizza – la città ‘italienne’, dove anche alcuni turbighesi hanno casa – ci siamo messi a piangere sentendo descrivere da un testimone la corsa di un padre sulla ‘promenade’: teneva un figlio vivo con la mano destra, mentre quello trascinato dalla sinistra era ormai morto! Altro che ospitalità, centri di accoglienza…Chissà cosa mi avrebbe detto don Lino…
L’8 febbraio 2007 la Giunta Municipale denominò, l’area antistante la cosiddetta ‘Casa Vincenzo’ (come veniva chiamata al tempo), in via XXV aprile (dall’intersezione con via Corte Nobile in avanti), Largo Don Lino Beretta, parroco di Turbigo dal 1960 al 1986.
Nacque a Senago (MI) l’11 gennaio 1916. Ragazzo fu ammesso al seminario di S. Pietro Martire di Seveso ricevendo, nell’ottobre 1931, la veste talare. Consacrato sacerdote dal cardinal Schuster il 29 maggio 1934, venne inviato a Somma Lombardo come coadiutore dove rimase finché il cardinal Montini lo chiamò alla dignità di parroco di Turbigo. Sue alcune iniziative che hanno dato slancio al paese nei primi anni Sessanta e orientato il ‘miracolo economico’ locale nella giusta direzione.
Chi scrive, da quando chiese l’autorizzazione a consultare l’Archivio Parrocchiale, ha avuto modo di frequentare il parroco da vicino. Ci diede spazio per scrivere alcune note su ‘Il Segno’ che, allora, nelle prime pagine, era una sorta di informatore parrocchiale. Capitava spesso che, nei dopocena, andavamo a trovarlo – ricordo ancora il profumo delle minestra che la perpetua gli preparava – e si parlava di tutto quanto avveniva nel mondo e fu anche l’occasione per raccogliere la storia della sua vicenda turbighese che pubblicammo su ‘Ticino mese’. Scrivevamo, sul numero del giugno 1985, in occasione dei suoi ’25 anni a Turbigo’:
”Il nostro parroco sembra essersi posto in splendido isolamento, ma la sua presenza l’abbiamo ritrovata puntuale durante la visione di una serie di diapositive scattate da Aimo Bonza in occasione del suo ingresso trionfale il 1° maggio 1960. In quelle serate abbiamo scavato nella cronaca recente, prendendo atto della trasformazione avvenuta nei 25 anni in cui don Lino Beretta ha ispirato la vita del paese. Un quarto di secolo che ha visto il parroco sempre protagonista nella vita sociale e religiosa del paese, promotore di iniziative tese a sopperire alle carenze strutturali della nostra comunità.
Turbigo, allora, era chiamato ‘La valle dei milioni’ ma non c’era la Scuola Media, non c’era un ritrovo per i giovani, l’asilo infantile era insufficiente, la chiesa sussidiaria malandata. Con intraprendenza e buona volontà il nuovo parroco si ‘mise a costruire’ così da sembrare un imprenditore, ma il suo attivismo tendeva a dare alla sua ‘cura d’anime’ un carattere moderno, teso a creare condizioni sociali dignitose per una sana vita religiosa.
LE REALIZZAZIONI. In primis, mise i presupposti per la rinascita dell’Unione Sportiva Turbighese affidandone la guida a Ermenegildo Poli. Dall’isolamento della parrocchia – che vedeva il paese da lontano secondo il don – nacque l’idea della ‘Casa del Giovane’ da costruirsi sull’area del vecchio oratorio in disuso in Via Fredda, di proprietà parrocchiale. Poi, vista la capacità imprenditoriale del Parroco, il gruppo dirigente dell’Asilo Infantile lo nominò presidente e gli affidò la ristrutturazione dell’edificio che avrebbe portato alla costruzione di una nuova struttura.
Era il tempo del ‘miracolo economico italiano’ e, seppur a fatica, la generosità dei turbighesi, già messa a dura prova dalla costruzione della ‘Casa del Giovane’ (ogni famiglia versava mensilmente un contributo alla parrocchia), il paese non fece mancare il suo sostegno anche per l’Asilo e – per precisa volontà del parroco – i costi vennero sostenuti per la maggior parte dagli industriali-possidenti turbighesi.
Questo fu don Lino Beretta e oggi un ‘largo’ e una lapide lo ricordano. Per la storia, fu il maestro Paolino a lanciare l’idea con una lettera aperta alla popolazione e, in seguito, l’Amministrazione Mira Bonomi condivise la proposta.
FOTO Come dicevamo, don Lino Beretta non è ricordato solamente dal Largo posto all’inizio di Via XXV aprile. Nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano una lapide (qui evidente nella foto), inaugurata nel 1986, ricorda il suo impegno per il restauro della chiesa d’In Giò (rifacimento tetto, restauro della facciata) costato più di 150 milioni di vecchie lire, dei quali 130 furono messi a disposizione dal Comune a seguito di una raccolta firme capitanata da Luigina Meazza.