Questo intervento è innanzitutto un invito a visitare le tre mostre, aperte fino al 25 settembre 2016, con le quali Milano omaggia il grande artista Emilio Isgrò. Le esposizioni, tutte ad ingresso gratuito, sono allestite presso Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa del Manzoni.
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Avevo quasi pensato di tramutare il nome di questa rubrica da “Arte e Artisti” a “Il Punto”. Ed infatti in questo mio primo articolo faccio il punto su tre anni spesi artisticamente a Milano. Ieri un carissimo amico, sempre attento alle cose belle, mi ha inviato un’intervista rilasciata da Emilio Isgrò ad Antonio Gnoli e pubblicata su La Repubblica.
Io quell’intervista l’ho letta, tutta d’un fiato, e poi sono uscito per incontrare un amico artista. Fuori programma, ci siamo recati a visitare una mostra in una nota galleria d’arte contemporanea.
Sono sorte una serie di considerazioni, l’intervista di Isgrò parlava di un’epoca fortunata e di una Milano davvero fantastica, motore economico e culturale. Quanto lo invidio! (e quanto si rafforza in me il desiderio di spostarmi nei nuovi centri, motori propulsori della terra).
Purtroppo, io a distanza di tre anni non posso fare lo stesso resoconto di Emilio Isgrò. Personaggi importanti non ne ho visti ed ho avuto l’impressione di trovarmi in una città stanca che, lontano dal non valorizzare le idee, addirittura le teme, ne ha paura.
La stessa città che vide nelle idee e nella loro valorizzazione la propria fortuna, oggi è timorosa e preferisce essere trainata e non trainare. Parlo chiaramente del settore artistico, ma potrei benissimo estendere questi discorsi anche ad un altro paio di ambiti.
A differenza di Isgrò non ho conosciuto Umberto Eco, Salvatore Quasimodo, né Lucio Fontana, sono tutti morti ed i nuovi mi sa che non sono nati in Italia.
Gli operatori del settore artistico, in primis i galleristi con i quali ho avuto modo di parlare, hanno idee vecchie e stanche. Sono timorosi, depressi e deprimenti (ogni volta che parlo con uno di loro mi rendo conto di avere meno smania di prima, ed infatti ho iniziato ad evitarli).
L’entusiasmo in questo settore, in questa città, non si sa cosa sia.
Per la mia mostra ho dovuto fare tutto da me ed a mie spese (autofinanziandomi come sempre ho fatto): dai manifesti (ideazione, stampa ed affissione), acquisto di spazi pubblicitari su riviste d’arte, allestimento dello spazio espositivo, inviti, vendita delle opere, etc. etc. poiché mancano del tutto strutture ed operatori capaci, liberi ed indipendenti, ma soprattutto coraggiosi.
Piccola chicca per i lettori: sono stato finanche multato per affissioni abusive relative alle locandine con le quali promuovevo la mia mostra: Curriculum Vitae.
In molti casi ho contattato enti pubblici per richiedere la disponibilità di una sala espositiva e mi sono stati chiesti contributi, anche salati, o addirittura non ho ricevuto risposta.
Il Comune di Milano sulla richiesta di concessione di Patrocinio Gratuito a manifestazioni culturali esige il pagamento di una marca da bollo.
Chi gestisce gli spazi espositivi pubblici, qui come in qualsiasi altro posto d’Italia, lo fa seguendo logiche clientelari, basate sul principio di appartenenza (lo stesso che sembra escluda un grande come Claudio Lolli dal Premio Tenco).
Ciò che sicuramente scoraggia è l’inesistenza di una nuova leva, di una generazione di critici d’arte ed operatori di settore giovani che vogliano portare avanti idee nuove. Tutto ruota intorno a premi e mostre collettive che non valorizzano il lavoro di nessuno e che creano un ambiente ed un’aria dilettantistici.
Per dirla con le parole dell’artista Carlo Cecaro che da decenni opera in città: “Ci sono svariate iniziative sul territorio ma in mancanza di una critica che ne accompagni i passi, così non si arriverà mai da nessuna parte e c’è da chiedersi il perché di tutto questo. Certamente c’è una spiegazione.”
Per Alejandro De Luna, artista che da otto anni vive e lavora a Milano “ci sono nicchie artistiche e o sei all’interno di esse o sei un artista underground, e tutto dipende dalle public relations e da quanto capitale economico disponi”.
Devo dire che ho trovato più entusiasmo e fermento fuori dagli ambienti artistici istituzionali dell’arte contemporanea che dentro di essi. Sicuramente più curiosità!
Nota di merito va però rivolta alla vastità ed alla qualità delle mostre istituzionali organizzate ed alle pregiate collezioni d’arte presenti in città. Come non citare la Pinacoteca di Brera? Basta visitarla una volta per recuperare tutto l’entusiasmo che gli addetti ai lavori fanno perdere con i loro discorsi da depressi.
Sante Egadi
P.S. poiché quanto innanzi detto si tramuta in immagini che vengono esposte al pubblico (che spesso diserta gli eventi, come dargli torto?), ho pensato di rappresentare questa realtà in versi goliardici; nessuno me ne voglia:
Che opere di merda!
Gridò uscendo dall’Hangar.
I pochi hipster presenti si voltarono, stupiti,
che qualcuno le avesse guardate.
Alla grande Fondazione
Vide quattro ferri appesi e
i compagni di merende
riuniti a circolo
(inutile dirlo)
chiuso!
Alla prestigiosa Galleria
Quadri tutti bianchi erano il frutto della ricerca
(a detta del gallerista fighetto)
Boh, forse cercavano il colore!
(si disse deluso)
Da Prada
bevve l’aperitivo
per non sentirsi diverso.