TURBIGO – Abbiamo incontrato Erminio Motta (classe 1937), figlio della ‘Pierina sagrista’, per farci raccontare le vicende che hanno accompagnato il periodo in cui sovrintendeva alla Chiesa d’In Giò. L’idea, balenata nella testa di chi scrive nella mattinata del 22 agosto 2016, era quella di rintracciare una foto della Pierina, ben sapendo che, al tempo, non c’era molta gente che aveva la possibilità di fare un ‘selfie’. Nel ‘Turbigh in Giò’ c’era, però, il signor Bellomo che abitava in Via 3 Giugno 1859 (la strada che da Via Roma porta al Naviglio), impiegato alla Vizzola e abbiamo pensato che avesse fatto delle foto in qualche fausta occasione. E invece no, la foto che pubblichiamo della Pierina è stata scattata in tempi recenti, ma suo figlio ci ha messo a disposizione altre foto storiche della sua famiglia che pubblicheremo su Facebook.
MARCOLI MARIA CAROLINA, detta ‘Pierina’ (1912-1998), era nata al tempo in cui il padre era espatriato in Germania per lavoro, per cui la madre le diede il nome di Maria Carolina, nome che non piacque al genitore che, una volta tornato, cominciò a chiamarla Pierina, al punto di rimanerle addosso come una sorta di sigillo paterno.
Pierina Marcoli sposò Angelo Motta (1909-1954) ed andarono ad abitare il Via Pasubio, 2 (nel cortile dell’Uliatt perché si macinavano i semi di ravizzone) di fronte all’abitazione dell’ingegnere Piero Franceschini (direttore generale dell’Azienda Tranviaria Milanese dal 1931), un grande palazzo proiettato sul Naviglio Grande (area attualmente occupata dall’abitazione della famiglia Grossrubatscher).
Dal 1946 è la ‘Pierina sagrista’ ad occuparsi della gestione della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, aiutata anche dal figlio Erminio, specialmente per azionare le tre campane che non erano ancora motorizzate, come oggidì. Aveva la chiave del portone principale della chiesa, faceva le pulizie, lavava le tovaglie delle funzioni religiose, raccoglieva anche le offerte durante le messe. Il tradizionale pallone, che veniva bruciato la quarta domenica d’ottobre in occasione delle festa dei Santi Martiri Cosma e Damiano, era confezionato dalla Gaetanina (Gualdoni?) che abitava in Via Coni Zugna, ultima casa a sinistra provenendo da Via Al Palazzo.
Durante gli anni (1946-1962) in cui Pierina si fece carico di soprintendere alla chiesa capitò che una furiosa tromba d’aria scardinò le finestre, alcune delle quali portavano vetri colorati, altre erano addirittura originali con vetri bianchi piombati (anziché stuccati). La Pierina, su suggerimento del parroco don Edoardo Riboni, fece il giro di tutte le fabbriche turbighesi per raccogliere i fondi necessari alla sostituzione dei vetri. Non solo, ma la prima cappella a sinistra entrando, dopo gli anni della spoliazione della chiesa, era completamente disadorna, priva di qualsiasi suppellettile. Pierina si fece carico, un’altra volta, di raccogliere fondi e un Solivardi turbighese (Itizio?) si fece carico di abbellirla nelle fattezze in cui si trova oggi.
LE CAMPANE DEL FUOCO. Erminio Motta ricorda che, quando scoppiava un incendio nel territorio turbighese era un suo preciso impegno quello di correre a suonare le tre campane per avvisare la popolazione e chiedere aiuto.
Nel 1962 la ‘Pierina sagrista’ lasciò l’incombenza della gestione della chiesa alla mamma dell’allora messo comunale Luigi Colombo (uno dei pochi sopravvissuti all’eccidio di Cefalonia, morto nel 2013) perché, avendo spostato l’abitazione in Via Torino, si trovava troppo lontana dalla chiesa.