TURBIGO – Il 31 agosto si è tenuto un incontro tra le restauratrici, l’impresa designata e alcuni componenti del Gruppo d’In Giò, per accordarsi sul montaggio del ponteggio necessario all’inizio dei lavori di restauro della Cappella di San Carlo. Così chiamata per la presenza di un quadro di grande dimensioni, raffigurante San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, una tela che fino all’intervento effettuato nel 1992 dal Laboratorio S. Gregorio di Busto Arsizio, raffigurava un’altra composizione pittorica.
Infatti, fino a quella data, appariva sulla tela un San Carlo intento a comunicare San Luigi Gonzaga, inginocchiato ai suoi piedi insieme ad altri personaggi: un chierico, due bimbi e due adulti in abiti neri dotati di gorgiere, così come voleva la moda del Seicento. A quel tempo, quando i tecnici cominciarono a ripulire la tela si accorsero che il dipinto era la sovrapposizione di un’opera più antica. Si pose quindi la questione su quale rappresentazione salvare e si decise – come avviene sempre – di conservare quella più antica che andava apparendo dal restauro. Rappresenta la vedova Paola Cusani Visconti che, accingendosi a ricevere l’eucarestia da San Carlo (figura che non fu interessata ad alcuna modifica) manifesta l’intenzione di dedicarsi al Signore. Tale volontà è messa a dura prova da una schiera di diavoletti, dall’aspetto animalesco, che cercano di richiamarla alle tentazioni del mondo, mentre un piccolo angelo aggrappato alle sue vesti, l’aiuta a sostenere la sua decisione.
La tela – nella versione andata perduta – era stata attribuita alla scuola di Giulio Cesare Procaccini (molto improbabile secondo Federico Cavalieri, un noto critco d’arte di Busto Arsizio), ma la successiva ‘scoperta’ della vedova Cusani ha rimesso in discussione l’attribuzione. Comunque, il fatto che, al posto della vedova Cusani, ci fosse San Luigi Gonzaga, documenta – dal punto di vista storico – un fatto importante: la sua canonizzazione avvenuta proprio agli inizi del Settecento (1726). Fu in tale periodo che gli Agostiniani autorizzarono l’operazione di scambio dei personaggi secondari sulla tela (San Luigi Gonzaga al posto della vedova Cusani) che fu voluta in quanto il santo gesuita (suo fratello era feudatario di Vanzaghello) (1) era stato conosciuto in vita dal cardinale Flaminio Piatti e una tale rappresentazione era un modo per omaggiare anche il fondatore del convento.
LA CAPPELLA – Per quanto riguarda la cappella fu reataurata più volte, anche da artisti nostrani, predata dell’altare che riposa nella chiesa parrocchiale di San Zenone di Castano Primo.
Per quest’ultima affermazione ci sono solamente degli indizi, ma lo stile e le dimensioni lo confermerebbero. Di fatto, due altari, al tempo della soppressione del convento e dell’annessa chiesa conventuale (1807), finirono per uno strano accordo tra il sindaco di Turbigo di allora e il parroco di Castano Primo – entranbi appartenenti alla famiglia Oriani – proprio nella città capoluogo del Castanese e da allora sono lì che aspettano di ritornare al loro posto originario, visto che la costruzione della chiesa fu pagata anche con un mutuo acceso dal Comune di Turbigo.
NOTA
1 – La dinastia dei Gonzaga di Luzzara e Castiglione fu tormentata. La santità di Luigi e delle sue tre nipoti fa pendant con la violenza delittuosa del capostipite Rodolfo accusato di diverse uccisioni, tra cui quelle delle sue due mogli. Inoltre, il fratello del santo, uccise lo zio e un altro fratello, Cristierno (con figlio e il nipote) divenne noto per aver compiuto ogni tipo di delitti a Solferino durante tutto il Seicento.
FOTO Lino Braga con le due restauratrici davanti alla cappella di San Carlo