ROBECCHETTO – Documentata nel Liber della fine del XIII secolo, la chiesetta di San Nicolao a Padregnano (territorio oggi di Robecchetto con Induno) è di antica memoria e tradizione. Anche se, probabilmente, la chiesa è di origine longobarda, come le tante della riva sinistra del Ticino che delineavano l’antica strada mercatoria ( Santa Maria di Ferno, Santa Maria in Binda, San Damiano di Turbigo, San Nicola di Padregnano…) certamente la dedicazione è posteriore al Mille in quanto sappiamo che che il culto di San Nicola si diffuse dopo il 1087, quando le sue reliquie furono trasportate a Bari dall’Oriente.
Vent’anni fa ha scritto, in merito alla qualità della decorazione interna, Angelo Vittorio Mira Bonomi, nei suoi ‘Itinerari culturali della Lombardia Occidentale’(1995, opera che, purtroppo, non hanno avuto l’onore della stampa), uno scritto acuto nel quale auspicava la salvaguardia dell’impianto pittorico, impedendo il degrado in atto, com’era già avvenuto nella navata dove gli affreschi erano stati ricoperti da un intonaco posteriore:
“Affreschi decorativi con ornati prospettici a cartoccio e volute, elementi architettonici fastigiati con vasi di fiori e ghirlande e tre medaglioni figurati: a sinistra con raffigurazione di San Nicola che scaccia i demoni da alcuni ossessi; a destra Sant’Antonio da Padova con il Bambino, al centro grande ovale entro fastigio con timpano spezzato e due vasi ai lati raffigurante la Pietà affiancata da San Michele sulla sinistra e da San Nicola, inginocchiato, sulla destra.
Il ciclo, datato alla metà del Settecento, è ancora ben conservato e si impone per l’eleganza della composizione e soprattutto l’estenuata dolcezza del colore e del tratto sui tre medaglioni figurati, condotti con toni rosati, verdi, violetti, su una base grigio perla.
Notevole il tratto compositivo sommario, ma efficace e sottilmente sensuale nelle figure degli ossessi tra cui una donna piuttosto discinta, la dolcezza ambigua del sorriso di Sant’Antonio che abbraccia il Bambino e il patetismo dell’Addolorata, con il Cristo morto e sanguinante disteso sulle ginocchia, mentre uno sfuggente S. Michele, armato di corazza con la bilancia e la spada fiammeggiante, guarda in tralice sull’angolo sinistro.
Notevole anche l’intento illusionistico tra ambiente reale e raffigurazione prospettica, come nel finto armadio di sinistra posto in correlazione con quello di destra, pur nelle ridotte dimensioni dell’insieme”.