Ancora una volta, per correttezza d’informazione, ci siamo recati in visita alla Cascina Calderara e abbiamo recuperato qualche informazione in più, anche perchè le informazioni incorrette posso distogliere dalla vericidità d’informazione.
I Bambini ospitati sono 17, di età tra i 2 e i 6 anni, nessuno di loro è orfano, le mamme di questi bambini sono 8, poi ci sono 4 donne senza figli, sono nate dal 1985 al 1990. Un totale di 29 ospiti.
Sono tutti eritrei, parlano esclusivamente il Il tigrino (nome nativo ትግርኛ, pronunciato “tgrignà”), è una lingua semitica parlata dall’omonima etnia, presente soprattutto in Eritrea e nel nord dell’Etiopia, per l’appunto nel Tigrè.
Sono, tutti i profughi, di religione cristiana ortodossa, ci raccontano che le donne hanno anche chiesto se è possibile partecipare alle funzioni religiose. Ci hanno detto che oggi andrà in visita da loro un prete, non sappiamo se è il Curato di Magenta.
Sono tutti in buona salute e le donne amano cucinare autonomamente per i propri figli, anche le donne che non ne hanno stanno collaborando attivamente alla vita comune e aiutano nella gestione dei bambni come se fossero i loro.
Nella struttura, ci sono due educatrici, un responsabile sanitario e un connazionale delle mamme che funge da interprete.
Per i bambini che compiono 6 anni si sta decidendo cosa fare per la scuola, se inserirli con bambini italiani oppure farli seguire da una maestra presso la struttura, ci hanno detto che diranno qualcosa a breve.
Non siamo ancora riusciti a parlare con un responsabile della cooperativa, speriamo che si renda disponibile a farci visitare la struttura, anche perchè, essendoci bambini, ci piacerebbe avere la certezza che vivano in condizioni buone e idonee e poter successivamente mostrarvele in un articolo.
Sui post di Facebook, ma anche su alcuni articoli di miei colleghi, non sembra che venga posto il problema che questi non sono normali profughi ma sono bambini, non è piacevole vedere una battaglia politica o giornalistica per eccellere e prendersi un posto al sole.
Le domande che mi pongo da quando li ho visti sono:
- com’è il loro stato di salute?
- sono stati vaccinati?
- qualcuno di loro, anche le mamme, è gia stato colpito da malaria?
- quali sono le donne che hanno chiesto asilo politico? (credo nessuna perchè sembra che vogliano raggiungere parenti o mariti, il più di loro in Germania)
- mandare a scuola, in Italia ha senso se le loro mamme vogliono ricongiungersi con i loro famigliari in Germania?
- quanto tempo burocratico ci vorrà per capire come si dovrà procedere con i ricongiungimenti?
- la Calderara, anche con la brutta cinta di separazione con la proprietà dei Sangalli, diventerà un ghetto/lager o le donne con i loro figli potranno uscire liberamente dalla struttura?
tutte domande che, se nel caso mi leggesse, il responsabile della cooperativa, dovrebbe inserire nel suo comunicato stampa, largamente promesso, io da Reporter di Guerra quale sono stato, preferirei vedere e poter parlare con le mamme, credendo fermamente che una cattiva informazione e chiusura dei dirigenti della cooperativa verso i media, dia solo alito a molti dubbi.
Sembra che la capacità strutturale della Calderara sia stata raggiunta, non arriveranno altri rifugiati.
Chi dice che in Eritrea non c’è la guerra, può leggere un articolo del 16 Giugno 2015 (l‘ho scelto perchè questi profughi non sono scappati oggi, è un pò che sono in giro per l’Africa prima di arrivare qui) scritto da Riccardo Barlaam del Sole 24ore dal titolo PERCHE’ TUTTI SCAPPANO DALL’ERITREA
Foto di Copertina: una donna eritrea, profuga, in stazione a Como, osserva un taxi, forse sognando la fuga in Germania.