L’ enorme potenzialità di sviluppo del continente africano – soprattutto con riguardo a beni di consumo, risorse naturali, infrastrutture e agricoltura – è confermata da numerosi studi economici, che dimostrano come, nei prossimi decenni, rappresenterà l`area del mondo a più forte crescita (si veda, da ultimo, l`African Economic Outlook 2015, wwwafricaneconomicoutlook.com).Non a caso, gli investitori internazionali guardano ai Paesi africani con sempre maggiore attenzione, e molte multinazionali hanno già da tempo elaborato strategie di ingresso e di sviluppo nel continente. Al momento l`Italia, nonostante il suo diretto coinvolgimento nell`economia africana, subisce la pressione competitiva di altri player, europei e no, che hanno attivato molteplici forme di supporto per le imprese che investono in Africa. Emblematici sono i casi di Germania, Olanda e Turchia (che,sin dall`action plan del 1998, punta a diventarne partner privilegiato). In questo contesto, l`Italia deve cogliere un`occasione unica per tornare ad assumere un ruolo di rilievo nel contesto economico mondiale, attraverso azioni volte a creare i presupposti per un rapporto di partnership privilegiata con l`Africa, facendo leva e sfruttando l`indubbio vantaggio competitivo rispetto a molti altri Paesi. Questo vantaggio è da ricondursi, oltre che alla prossimità geografica, a rapporti politico-culturali che affondando le proprie radici nel passato, sia nei confronti dei Paesi dell`area del Mediterraneo sia dei Paesi dell`area Sub-Sahariana, seppur oggi con problemi socio-politici importanti. Ciò deve avvenire in due direzioni. Da una parte, sviluppando il più possibile le relazioni commerciali con i Paesi africani (proseguendo sulla scia del lavoro svolto da questo governo). Dall`altra, e soprattutto, accreditandosi presso i maggiori investitori internazionali (Far Fast, con particolare riferimento a Cina ed India) quale location preferenziale per la localizzazione di un hub per gli investimenti nel bacino del Mediterraneo ed in Africa. Ciò consentirebbe di attirare risorse nel nostro Paese e, probabilmente, anche di competere con altri Paesi come Regno Unito e Olanda, con l`obiettivo di divenire un hub anche per l`Europa. È necessario ideare un progetto di lungo periodo finalizzato a favorire gli investimenti in Africa, non solo attraverso un processo di riforma normativa interna, ma anche facendo svolgere all`Italia un ruolo fattivo nel percorso di sviluppo politico, economico e sociale del Continente africano.
A questo punto la domanda diventa: cosa bisogna fare per diventare un hub preferenziale degli investimenti nel bacino
del Mediterraneo e in Africa? Il Paese deve innanzitutto dotarsi di una strategia precisa che deve essere comunicata e perseguita in modo coerente e, soprattutto, sistemico. Conditio sine qua non perché questa iniziativa abbia successo è che si riesca a fare sistema attorno ad un obiettivo comune. L`incapacità di farlo è certamente il nostro tallone d`Achille, che ha purtroppo tante volte garantito un vantaggio competitivo ad altri Paesi con meno risorse e meno talento. È necessario un percorso di riforme che consenta di creare dei veri e propri “corridoi preferenziali” per l`insediamento produttivo e commerciale nei settori a più alto sviluppo dell`economia africana, attraverso interventi in molteplici ambiti quali, a mero titolo esemplificativo:
– stimolare i rapporti con i Paesi dell`area sotto il profilo educativo-culturale coinvolgendo le università, i musei e le istituzioni culturali. Questo obiettivo dovrebbe essere perseguito sia incentivando il più possibile la specializzazione nelle nostre università di studenti africani (che rientrerebbero nel loro Paese avendo l`Italia come riferimento per l`Europa), sia promuovendo altre forme di collaborazione quali partnership tra le nostre Università e le università locali;
– modificare la gestione dei porti, della rete ferroviaria e degli aeroporti, in modo da poter perseguire un disegno coordinato. Si potrebbe ad esempio pensare a una strategia di specializzazione e sviluppo dei porti italiani con la costituzione di una società holding comune;
– agevolare la circolazione dei lavoratori qualificati, anche extracomunitari, mediante forme accelerate di rilascio del visto di ingresso anche per periodi superiori ai novanta giorni ed eliminare i fischi di doppia imposizione in cui incorrono le persone fisiche allorché si trasferiscono da un Paese all`altro (si potrebbe prevedere l`estensione ai
contribuenti persone fisiche di regimi di cooperative compliance che consentano di ottenere, per il periodo di
permanenza nell`hub, la tassazione esclusivamente del reddito prodotto in Italia). Se si vogliono attrarre le holding delle multinazionali straniere; bisogna rendere il nostro Paese attrattivo per i loro dirigenti (come hanno fatto altri Paesi quali il Regno Unito, la Svizzera o l`Olanda);
– concludere trattati commerciali il più favorevoli possibile con i Paesi dell`area;
– prevedere nelle convenzioni contro la doppia imposizione con i Paesi dell`area modalità di riconoscimento di crediti di imposta virtuali (cosiddetta tag sparing credit);
– modificare le norme sulla imposizione dei flussi finanziari in uscita dall`Italia (dividendi,interessi e royalties);
– rinegoziare gli accordi contro la doppia imposizione tra l`Italia e i principali stati cheinvestono in Africa (a titolo d`esempio la Cina) al fine di garantire condizioni competitive per i flussi di reddito distribuiti dall`Italia;
– garantire una maggiore tutela per l`investitore italiano in paesi africani, intervenendo sulle convenzioni bilaterali in
materia di investimenti (rendendo, ad esempio, più agevole l`accesso alla tutela arbitrale);
– istituire un ente dedicato per le imprese interessate ad investire in Africa. Questa struttura – la cui organizzazione potrebbe prevedere la partecipazione di Stato,
Regioni e multinazionali dovrebbe offrire un supporto operativo concreto, mettendo a
disposizione, a titolo
esemplificativo, forme di
accesso agevolato al credito o elaborando schemi di investimento a
compartecipazione pubblica;
– agevolare i finanziamenti di investimenti nell`area,
attraverso, ad esempio:
1) la possibilità per le imprese che investono in Africa di emettere
prestiti obbligazionari, collegati alla effettuazione di un determinato progetto, che consentano ai sottoscrittori di
avere una imposizione
favorevole sui proventi (a titolo esemplificativo 12,5% a fronte
del 26% ordinario);
2)promuovere, anche tramite l`intervento della banca per lo sviluppo africano (African Development Bank Group)
fondi di private equity, al fine di favorire investimenti per progetti di innovazione energetica ecosostenibili (seguendo l`esempio della Germania).
Per quanto gli elementi sopra evidenziati siano idonei, già singolarmente, ad attirare investitori, è l`azione congiunta
degli stessi, in virtù della propria interdipendenza e delle sinergie connesse, a rendere l`intervento maggiormente efficace a perseguire l`obiettivo.
In conclusione, l`Italia deve quanto prima adottare questa strategia e tradurla in un corpo di norme (African Act), tenendo presente che tali misure andrebbero adottate anche a prescindere dalla specifica occasione rappresentata dall`Africa perché avrebbero comunque un effetto positivo sull`attrazione di investimenti esteri nel nostro Paese (una
delle principali condizioni per il rilancio dell`economia).
Da: ‘Il Sole 24 Ore’ del 19 settembre 2016 – ‘Mondo e Mercati’ di Stefano Simontacchi
FOTO: Stefano Simontacchi con il pres. IEA Achille Colombo Clerici al Forum Ambrosetti Cernobbio 2016