“Buon cibo, buon gusto, per un buon territorio” – serata Slow alla “Galizia” di Cuggiono, con la riscoperta dei sapori della tradizione reinterpretati attraverso l’innovazione delle alte scuole enogastronomiche europee. Strizzando l’occhio all’imminente “salone del Gusto” di Torino.
Verso il Salone del Gusto di Torino, Slow Food e l’Agriturismo “La Galizia” propongono una cena “meneghina” ad inaugurare l’incipiente stagione autunnale, tradizionalmente foriera di eventi agrituristici “slow”.
Il paesaggio comincia (e finisce!) a tavola. E con esso la qualità della vita di tutti e l’eccellenza delle imprese che vi lavorano. Questo in sunto il messaggio scaturito dalla serata “Slow” organizzata dall’Agriturismo “La Galizia” di Malvaglio (Cuggiono) in collaborazione con Slow Food Condotta Magenta-Abbiategrasso.
Venerdì 16 settembre, quasi a fornire una anteprima locale del grande evento del Salone del Gusto di Torino in programma – ormai tradizionalmente – per la fine settimana a ridosso dell’equinozio autunnale, un piccolo evento di promozione dei prodotti enogastronomici “meneghini” ha accesso le luci (soffuse) dell’elegante sala sulla riva del Naviglio Grande. Ed ecco che alcuni amici de “La Galizia” insieme a soci Slow hanno potuto assaporare uno squisito menù “meneghino”, innaffiato dai vini dell’Azienda “Montelio” dell’Oltrepò pavese, la cui titolarità ha radici salde nella Milano nobile di inizio Novecento. A benedire accademicamente questo connubio enogastronomico-agricolo-culturale, il prof Paolo Corvo, docente di sociologia presso la stimata Università di Pollenzo-Brà.
All’interno del discorso “slow” e della filosofia di salvaguardia, recupero e tutela delle specificità agricole, di allevamento e paesaggistiche, nonché di un criterio di economia legata alla terra e dunque ecosostenibile, non è difficile scorgere – nella proposta de “La Galizia” – un ulteriore criterio: quello della distinzione nel segno della eccellenza del prodotto e dell’offerta turistico-ricettiva. Un dato che chi ha partecipato alla serata non avrà mancato di evincere. E forse anche questo tratto può esser ascritto alla declinazione “meneghina”, volendo fare della facile “sociologia”.
Riteniamo che puntare ad una raffinata rielaborazione delle tradizioni e delle peculiarità delle nostre terre sia tuttavia doveroso, ove possibile. Puntare all’eccellenza significa anche operare culturalmente per una diffusione della consapevolezza delle radici di una comunità e così aprire promettenti vie di economia che possano coinvolgere differenti attori del territorio; in uno slancio d’impresa che parta dal locale e guardi all’internazionalità.
In fondo è questa anche la filosofia della stessa università di Pollenzo-Brà (nelle Langhe, patrimonio Unesco), e del corso di laurea in Scienze eno-gastronomiche: fondata su un’idea appartenente allo stesso Petrini del Salone del Gusto, nacque nel 2004 proprio come laboratorio di collaborazione tra Slow Food internazionale e le istituzioni regionali Piemonte ed Emilia-Romagna; oggi è tra i più frequentati e prestigiosi centri di formazione a livello mondiale (la metà degli studenti è transnazionale). Certo, si tratta di una accademia privata il cui accesso non è certo definibile “popolare”, ma innegabile è la parte che questo tipo di realtà possono svolgere per una innovazione e per il rilancio della materia prima più importante del suolo nazionale: la tradizione enogastronomica. Va inoltre rilevato come in tutto il mondo, in Europa in particolare, vi siano enti e soggetti di formazione di alta accademia ove gli stessi chèfs, vinificatori, sommellier ed altre figure ad alta qualificazione, italiani da tempo si recano per costruire la propria preparazione e carriere. Oggi più che mai (ed in verità, oggi come sempre), una alta formazione è quella che, accanto alla solida conoscenza della cultura nazionale di origine, mette la comparazione con “le altre culture”.
Ma lasciamo parlare il menù. …Et voilà, direttamente dagli allevamenti de “LA GALIZIA”, ecco spuntare deliziosi assaggi di tartare di manzo, di carne salada, lingua salmistrata, patè di fegato (antipasti); si passa poi ai primi piatti caldi ove non poteva mancare il risotto alla milanese con ragout di ossobuco (si dovrebbero aprire – come si sono aperte, a tavola, tra commensali competenti dell’arte culinaria – capitoli di disquisizione sulla preparazione del piatto) accanto ad un assaggio di zuppa di cipolle. Poi ancora tradizione su tradizione (rigorosamente carnivora) per i “secondi”: foiolo, rustisciada, cassoela. Per finire, i dolci, commistione di farine e frutta delle piantumazioni autoctone: tortino rustico alle more, torta paesana, crostata con le confetture de “La Galizia” e “Charlotte alla milanese” di Nonna Mary.
I VINI DELL’OLTREPO’ : DALL’ANTICA ROMA ALLA TRADIZIONE MENEGHINA DELL’OTTOCENTO FINO AI NOSTRI GIORNI
Ad accompagnare queste pietanze, cucinate con scienza e conoscenza dai cuochi de La Galizia, una gamma di vini della azienda agricola “Montelio”, selezionati ed illustrati per l’occasione dalla signora Giovanna Brazzola. Per l’antipasto, un calice di spumante Rosé, charmat, pinot nero doc 2014, il “Fiorile 1803”; per i primi piatti un inedito dal corpo rotondo ed intenso, prodotto da un antico vitigno autoctono cui è stato dato il nome di “La Gaìna” (un doppio riferimento: all’animale ed alla “gaiezza” che il vino regala, in milanese appunto “gaìna”); per i secondi piatti un barbera doc 2013 od un bonarda frizzante, sempre doc 2013, “La Grangia”; infine, ad accompagnare i dolci della campagna, “La volpe e l’uva”, moscato IGT dell’azienda agricola Anteo (Pv).
Anche la scelta dei vini ha seguito il tema “meneghino” della serata; legame con la Milano di Ottocento e le sue campagne: quelle del magentino abbiatense, appunto, ma anche le grandi tenute dell’Oltrepò ove i casati milanesi usavano tenere e produrre i proprio vigneti; “la peculiarità viticola dell’Oltrepò non è certo nata oggi e nemmeno nel secolo scorso” – sottolinea la signora Giovanna – “le prime testimonianze sulle coltivazioni a vite risalgono al 40 a.C “. Nobile ed antichissima quanto il Mediterraneo, oggi il cosiddetto “Oltrepò” conta ben 54 milioni di viti (una volta e mezzo il giro dell’equatore).
TRADIZIONE MENEGHINA – EST TICINO – ECCELLENZA TERRITORIALE ED ENOGASTRONOMICA
Pierluca Oldani, Slow Food: “il cibo, racconto e legame”
Ad introdurre il rituale della tavola gli interventi degli organizzatori e degli ospiti, che qui sintetizziamo, a conclusione dell’excursus sulla serata.
Paolo Corvo, docente di sociologia alla UNISG già citata, ha sottolineato la visione olistica sottesa dal discorso più avanzato del “food” e dunque del corso di laurea di Brà ed il virtuoso dialogo tra locale e globale.
Il neo presidente della Condotta Slow Food magentino – abbiatense, Pierluca Oldani ha focalizzato l’importanza ed il legame tra cibo come convivialità e racconto, diritto al gusto come garanzia del buon vivere. Nella convinzione – e ce lo ricorda la padrona di casa, la brava ed apprezzata Valeria Tarantola – che una valorizzazione del ruolo dell’agricoltura a livello nazionale sia urgente e doveroso quale rilancio dell’economia, recupero delle tradizioni locali e della tutela dei paesaggi.
Tutti temi sui quali – fortunatamente per noi – il territorio che siamo ormai usi a denominare Est Ticino – (proprio a segnarne l’identità peculiare in una ottica paesaggistica ed agricola e non a caso qui abbiamo avuto nel recente passato anche un progetto “pilota” ecomuseale che ha promosso ed impresso questa denominazione ed i valori che sottende, ndr) – non è certo “a digiuno“. Territorio che si snoda nei confini del glorioso (ed oggi piuttosto mortificato, a nostro avviso) Parco del Ticino, non dimenticando che proprio la città di Abbiategrasso da ormai molti anni ha scelto una precisa caratterizzazione come “Città del Gusto”. Concetti e principi, però, che val ancora la pena di promuovere e diffondere; poiché alcuni passi sono stati fatti, ma il lavoro di sensibilizzazione sia verso i cittadini che verso le istituzioni ed i decisori, se si vogliono raggiungere obiettivi importanti, è sempre, ed a maggior ragione, opportuno.
Alessandra Branca