Mi ha dato motivo di riflessione scoprire che fu Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, morto recentemente alla bella età di 90 anni, a salvare la torre di Velate nel Varesotto. Acerrimo anticomunista (famoso il suo libro ‘Falce e Carrello’ nel quale puntava l’indice accusatore nei confronti delle Coop rosse e dei sindaci comunsti che non lo ricevevano nemmeno) di lui hanno parlato i fatti. Nel mio archivio mentale c’era questo toponimo, Velate, diventato famoso proprio per la sua torre dell’XI secolo (alta 33 metri, presidio militare) per la conservazione della quale Caprotti mise a disposizione del Fai (Fondo Ambiente Italiano) 250 milioni di vecchie lire. Mediatore dell’intera vicenda fu il notaio Guglielmo Piatti il quale ha dichiarato alla ‘Prealpina’: “Nel 1989 riuscimmo ad arrivare alla donazione al Fai della torre, ma poi c’era il problema della ristrutturazione. Sotto la torre di Velate campeggiava un supermercato Esselunga e allora scrissi a Bernardo Caprotti e due settimane dopo ebbi la risposta positiva”. Per ritornare a noi, in una pergamena del 1198 si parla della manutenzione alla strada “quos conduxerant ad pontem de Turbigo” per la quale la comunità di Velate doveva contribuire. E’ un indizio importante del passaggio della Comum-Novaria che a Turbigo andava poi a collegarsi all’ultimo pezzo della Mediolanum-Novaria. (C. MANARESI, Regesta Chartarum Italiae – regesto di S. Maria di Monte Velate sino all’anno 1200, pp. 271-272, Roma, 1937). E come proseguiva la strada, come attraversava il Ticino? Utilizzando quella pila (che ancora esiste, ma si trova in una condizione pietosa) posta in territorio turbighese, che sposa proprio la torre di Velate.
FOTO La pila utilizzata per attraversare il fiume Ticino attraverso barche che si ancoravano ad una corda di canapa che collegava le due sponde