La vicenda dell’estorsione a Magenta ha evidenziato, se ancora ve ne fosse bisogno, che il malaffare e la violenza sono sempre in agguato. Sono un male che si annida nell’avidità. Da una parte un uomo che concede un prestito, ma rivuole tutto nel giro di pochi giorni maggiorato di una somma spropositata. Dall’altra un piccolo imprenditore in crisi. Lo abbiamo rintracciato, ma preferisce che non si faccia pubblicamente il suo nome.
“Ho paura – ha detto – Ho paura non tanto per la mia incolumità, ma per quella di mio figlio e della mia famiglia”. Ci racconta di un’auto che aveva venduto a Catanzaro. Di pagamenti rateali, delle difficoltà economiche. E della conoscenza, da circa un anno, di quell’uomo dal quale ogni tanto prendeva il caffè. “Un giorno parlando con lui dei miei problemi – continua – mi ha detto che poteva fare qualcosa. Mi ha detto che, grazie ad amici calabresi, era riuscito a racimolare ottomila euro, ma glieli dovevo restituire entro 15 giorni con l’aggiunta di 1.500 euro. E dovevo farlo perché quelli non scherzano. Sono poi venuto a sapere che quei calabresi in realtà non esistevano e i soldi erano suoi”.
L’imprenditore è in difficoltà. Chiede tempo. Partono le minacce pesanti al telefono. E, al fatidico appuntamento, nel locale di piazza Liberazione scatta la follia. “Mi riempie di pugni – continua con un filo di voce – c’era anche un’altra persona in quella saletta, un suo amico. Lui non mi ha toccato. Appena uscito sono corso dai carabinieri e poi in ospedale a farmi medicare”. L’imprenditore è terrorizzato, ma nei carabinieri ha trovato quella capacità professionale e umana che cercava: “Mi sono trovato di fronte a persone fantastiche. Preparate e capaci di infondere sicurezza”.