TURBIGO – Nei primi anni Novanta del secolo scorso è stato completamente rifatto il ponte di Via Villoresi, una ‘strettoia’ allora presente sulla strada dell’Arbusta, un quartiere quest’ultimo che era diventato sempre più popoloso al punto da insediarvi la scuola materna comunale e il campo sportivo. Il nuovo ponte fu realizzato in momenti politici tormentati e costò circa un miliardo di vecchie lire, ma i vantaggi (prolungamento di Via alle Cave) furono notevoli, oltre a garantire una maggiore sicurezza stradale.
Il precedente ponte era stato costruito nel 1886 come cavalcaferrovia per dare continuità alla strada comunale che conduceva a Robecchetto. La convenzione, stipulata al tempo del sindaco Paolo Tatti (1866-1913) con la ferrovia Novara-Seregno, precisava tre interventi per quanto riguardava la viabilità turbighese;
1° – il primo sulla strada comunale della Folla, risolto con un bel ponte a due arcate in mattoni, rispettando anche l’alveo dell’Arno evitandone la tombinatura;
2°- il secondo sulla strada consorziale della Gatta, realizzato con un passaggio a livello in quella che oggi si chiama Via Libertà, recentemente chiuso (2013) a seguito dei recenti lavori che hanno portato alla realizzazione di due sottopassi;
3°- il terzo sulla strada comunale della Costa (oggi Via Villoresi, ndr) che rappresenta il ponte che è stato demolito (nella foto) per far posto all’attuale, progettato e realizzato in vista del raddoppio in sede del tracciato ferroviario.
“La continuità della strada – dice la convenzione firmata dal sindaco Tatti – dovrà conseguirsi con sovrapassaggio della ferrovia (…) il carreggiabile stradale in corrispondenza del manufatto dovrà riuscire a sghembo nell’obliquità di 30° rispetto all’asse della Ferrovia e presentare la larghezza di 5 metri in senso normale e di m 5,78 in senso obliquo fra parapetto e parapetto”.
Cinque metri dunque di carreggiata…più che sufficiente fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, ma poi con l’urbanizzazione dell’Arbusta – come abbiamo detto – e lo sviluppo della motorizzazione il ponte era diventato una strozzatura pericolosa.
Per i detti motivi, l’Amministrazione Comunale del tempo incaricava, alla fine del 1986, il prof. Martinez y Cabrera, docente di ponti al Politecnico di Milano (che aveva appena progettato il ponte strallato alla Ghisolfa di Milano) per esaminare le condizioni statiche e progettare un nuovo ponte adeguato ai carichi di prima categoria con una carreggiata di 7 metri e un marciapiede della larghezza superiore al metro.
Il progetto esecutivo fu approvato dal Consiglio Comunale il 29 gennaio 1988 mentre le Ferrovie Nord inviarono una nota di approvazione il 4 luglio successivo. La successiva gara affidò i lavori alla ditta I.C.T. di Nerviano, ma la crisi politica impedì l’inizio dei lavori. Fu così che, quando il sistema politico si rimise a posto, le Ferrovie Nord avevano cambiato idea. Era diventato vitale prevedere un altro tipo ponte anche in vista del raddoppio ferroviario. Questa ‘variazione sul tema’ portò ad una variante al progetto originario, ma permise al Comune di chiedere alle Ferrovie il prolungamento di Via alle Cave (nuovo ingresso in paese), oltre ad un congruo aiuto economico (era prevista anche la bretella ‘Belvedere’ che non fu realizzata).
Il nuovo progetto complicò la situazione obbligando allo spostamento di tutti i servizi (che erano stati risparmiati nel progetto primitivo), obbligando il Comune all’acquisizione dei terreni per il prolungamento di Via alle Cave, con contestuale chiusura dei due passaggi a livello insistenti in tale tratto (Castagnino). Precedentemente, la collaborazione con le Ferrovie – sempre in vista del raddoppio – aveva portato all’eliminazione di altri due passaggi all’altezza dell’impianto di depurazione in cambio della realizzazione della Via Ticino.
Il nuovo ponte di Via Villoresi fu aperto il 20 marzo 1993.
FOTO Il 23 maggio 1992 viene demolito il vecchio ponte ottocentesco e pochi giorni dopo iniziò la gettata della nuova pila di sostegno.
NOTE
Le notizie sono tratte da una serie di articoli pubblicati, da chi scrive, sul settimanale ‘Città Oggi’ nell’aprile 1993.