Dicono di lui “Il nome di Fernando Pessoa esige di venir incluso nella lista dei grandi artisti mondiali nati nel corso degli anni ottanta (del ‘900): Stravinskji, Picasso, Joyce, Chlebnikov, Le Corbusier, Braque“. Me se nel caso degli altri autori, l’opera è più che nota, nel caso di Pessoa, non è esattamente così. Questi ci riserva molte sorprese: dall’anno della sua morte (1935) fino a oggi, il suo baule ha lasciato fiorire testi che rendono ai nostri occhi il suo mondo, sempre più complesso è vorticoso.
Più che uno scrittore, egli è stato una “letteratura”. Non solo per la qualità elevatissima dei suoi testi, quand’anche si tratti di pagine di diario liberissime, ma per il fatto che fu uno scrittore eteronimo. Io stessa ho conosciuto il significato di questo termine attraverso questo autore. Eteronimo significa all’incirca che l’autore si sdoppia con vari pseudonimi..
Il sorprendente non è tanto questo o il fatto che ognuno di questi (circa dieci) pseudonimo avesse anche una biografia ed un carattere a parte.. Ma che ognuno di questi avesse uno stile proprio, personale. Così, questo genio, insinua in noi il dubbio della follia, dello sdoppiamento di personalità. Genio e follia? Sicuramente è vertiginoso leggere questo “impiegatuccio”, come si auto-definisce, dalla vita piatta e banale, schivo, con una vita sociale vicina allo zero che però, tra le mura del suo piccolissimo appartamento di Lisbona dove visse tutta la vita, produsse parte significativissima della letteratura mondiale. Per capire quanto lui stesso tenesse a questo punto (a volte non del tutto conscio di chi sarebbe diventato, anzi per nulla) leggiamolo “Contribuisco forse a ingrandire l’universo perché colui che, morendo, ha lasciato scritto un solo verso bello, ha reso i cieli e la terra più ricchi e più emotivamente misterioso il fatto che esistano stelle e gente“.