TURBIGO – Un amico, come regalo di Natale, ci ha mandato un estratto da un libro, edito nel 1700 e del quale pubblichiamo il frontespizio, illustrante la storia della fondazione del convento turbighese degli ‘Scalzi Agostiniani’, costruito nella prima metà del Seicento per volontà testamentaria del cardinal Flaminio Piatti. Un iter complesso, durato più o meno un secolo, quello della realizzazione del convento prima e della nuova chiesa poi (adiacente alla ‘chiesa vecchia’) che dovette fare i conti con gli altri conventi già esistenti del circondario (Castelletto di Cuggiono, Cardano al Campo, Gallarate e Magnago), proprio perché la cerca delle ‘limosine’ aveva un suo limite intrinseco nel territorio.
Nell’introduzione, al fine di collocare geograficamente il sito dove fu eretto il convento, si parla della città murata di Paterniana che faceva capo a ‘Torbigo e Paregnano’ e una tale ipotesi, seppur supportata da tanti elementi (le antiche chiese, i ritrovamenti archeologici) è certamente una novità, perché fa supporre che, nel primo millennio, sulla riva sinistra del medio Ticino, ci fossero solamente delle città ‘murate’ che le leggende, in parte, ci hanno tramandato: La città di Binda all’altezza della Malpensa; La città di Paterniana al confine del Seprio, citata nell’estratto che qui sotto pubblichiamo:
“Torbigo è Terra della Pieve di Dairago, distante sette miglia dalla Città di Novara e vicina al fiume Ticino circa mezzo miglio (…). Oggi è feudo del Prencipe d’Oria. Una sua parte situata sopra un colle e l’altra declina fino al canale, che si chiama Naviglio Grande, il quale scorre dal Ticino fino a Milano: sopra di questo si naviga comodamente, ogni giorno, e notte, fino a Milano. Si ha per tradizione antica che Turbigo e Paregnano, fra di se ora distanti, copresero la Città chiamata Paterniana, ch’era molto popolata e cinta de’ muri, spaziosa un miglio: ma divisa in due parti da un ramo del fiume Ticino. Uscito dai suoi letti ordinari, si disunissero ancora gli animi de’ suoi abitanti talmente, che guerreggiando tra loro, distrussero col fuoco la loro patria. In fatti si vedono ancor oggi vestigia di alcuni edifici, oltre altre antichità ritrovate sotto terra da coltivatori.
In Torbigo, sopra il suo colle, vi è abitazione chiamata il Castello e si suppne che, avanti la distruzione della città, ivi iedesse la sua fortezza. La giurisdizione dela Chiesa Parochiale del medesimo Turbigo si estendeva a molte altre Terre, le quali poi furono dismembrate e poste sotto propri Parochi dà gli arcivescovi di Milano.
LA FAMIGLIA PIATI, antica e nobile di Milano (che si suppone derivata dal famoso filosofo Platone, come Gio. Antonio Piati scolpì nella grossezza di una niccia (nicchia), che conteneva la statua di marmo del medesimo filosofo, da esso formata l’anno 1578 (…).
Haveva in quella Terra di Torbigo una piccola Chiesa, fabbricata in onore delli Santi Martiri Cosmo e Damiano, la quale totalmente distrutta dall’antichità fu rimessa in migliore forma dalli fratelli Martino e Lodovico Piati l’anno 1513, ponendo di ciò tale memoria in una lastretta di marmo sopra la porta della medesima chiesa (…).
Dopo un secolo, cioè l’anno 1613, uscì da questa vita mortale il Cardinale Flaminio Piati, il quale nel suo ultimo testamento, fra gli altri legati, lasciò che il Padre Domizio, suo fratello, professo della Compagnia del Gesù in Roma, che coi suoi beni fondasse un Monastero de’ Religiosi nella detta Terra di Torbigo, applicandovi la chiesa descritta dei dei SS. Cosmo e Damiano, padronale della sua Famiglia Piati e rifarcita dal medesimo Cardinale; quando però così piacesse allo stesso padre Domizio; come si dice nello strumento di fondazione ch’egli fece in Roma l’anno 1635 col nostro Vicario Generale P. Basilio della SS. Trinità, sotto il 6 di aprile, rogato dal Notaio Domenico Tullio (…)
Il Milanese Patrizio Gio. Battista Porro, affezionatissimo alla nostra Congregazione (quella degli Agostiniani, ndr), essendo intimo del Conte Girolamo Piati, nipote e erede del detto Cardinale, gli propose l’applicazione del specificato legato à noi Scalzi Agostiniani. Il Conte ne scrisse al P. Domizio, suo zio, il quale approvò la proposizione per la conoscenza che aveva in Roma della nostra Riforma e fatta osservare.
Scorsero sette anni dalla morte del Cardinale avanti che il P. Dmizio si risolvesse di fare la fondazione, per varie cause dipendenti dalla eredità del Cardinale. Finalmente il Conte Girolamo, l’anno 1620, essendo in Roma, offerì la fondzione al nostro Vicario Generale Padre Basilio della Santissima Trinità, lombardo di Como, la quale la propose nel Definitorio del 27 novembre di detto anno 1620 e fu accettata di comune consenso (…)
Perché il sito annesso alla detta Chiesa de’ Santi Cosmo e Damiano non era bastante per la fabrica di un Convento, fu necesario che il Padre Domizio facesse comprare altre porzioni vicine, come fu eseguito, e per tale cagione fu differita la fondazione e anche per le difficoltà che aveva il cardinale Federico Borromei, arcivescovo di Milano, di ammettere nella sua diocesi nuovi conventi.
L’anno 1633 fu eletto per arcivescovo il Cardinale Cesare Monti, al quale il Conte Gerolamo Piati notificò il legato del cardinale suo zio e l’intenzione di Padre Domizio della fondazione in Torbigo di un convento, supplicandolo per ciò dei suoi favori. Il Cardinale Monti promise la richiesta grazia e subito il P. Bonifacio di S. Andrea, priore del convento di S. Francesca di Milano, deputato a quel negozio dal medesimo P. Basilio Vicario Generale per la terza volta, citò sotto li 16 aprile avanti il Vicario generale dell’Arcivescovo e Cardinale Monti, li Regolari de’ Conventi vicini Turbigo, cioè li PP. Domenicani di Cuggiono, li Cappuccini di Cardano e li Franceschini di Gallarate e di Magnano (Magnago?) a dire se avevano cosa in contrario alla nostra fondazione. Opposero la solita difficoltà del pregiudizio al loro sostentamento, per l’aggiunta del nostro con la cerca delle limosine, perciò padre Domizio assegnò annuale prestazione, bastante il mantenimento di dodeci Religiosi, giusto li decreti della Santa Sede Apostolica per mezzo del Conte Girolamo suo nipote, il quale con suo mandato di procura, trasmessogli da Roma, fece in Milano l’assegnamento e la cessione al P. Bonifacio, nostro Priore di S. Francesca, con publico strumento del 4 maggio 1633, rogato dal notazio Girolamo del Frate, con che però dovette essere ratificato in Roma da P. Domizio (…)
Il Cardinale Monti, havendo veduto lo strumento e l’assegnamento in esso fatto per il mantenimento de’ dodeci nostri Religiosi, fece spedire il suo consenso. Il Padre Bonifacio dovendo partire per il Capitolo Generale di Roma, si fece sostituire da Padre Bernardo di S. Ambrogio, Vicario Capitolare del detto Convento di Milano. Andò dunque questo padre Vicario, con altri nostri Religiosi a Torbigo, il 22 aprile 1635 e ricevette il possesso della Chiesa e sito annesso dall’amorevole Gio. Basttista Porro, come procuratore del P. Domizio, dopo la mote del Conte Girolamo suo nipote. Fecero dimostrazione di grande allegrezza gli abitanti del luogo, ringraziando Dio della nostra fondazione, dalla quale speravano molto profitto dalle anime loro.
Si ridusse il luogo ceduto a forma di Convento, nel termine di due anni, che però il Deffinitorio del 1637, sotto il 9 di maggio, vi elesse il Vicario primo il P. Pietro di S. Antonio, il quale incominciò ad introdurvi la nostra osservanza regolare, perciò l’anno seguente, 1638, il Deffinitorio Generale lo dichiarò Casa di Priorato, eleggendo per primo Priore il P. Brizio di San Martino e per Sottopriore il P. Simeone di Santa Barbara, lombardo. Il P. Domizio Piati si rallegrò molto delli progressi della sua fondazione e mandò al medesimo Convento molte reliquie autenticate che gli erano state donate dal Marchese Vigliena, ambasciatore del Re cattolico in Roma, ben aggiustate in ornati reliquarij, le quali furono riconosciute e approvate in Milano dal Vicario generale del Cardinale Arcivescovo Monti, Biaggio Constanzio con sua patente del 2 settembre 1638.
Haveva il P. Domizio dimistichezza con il nostro P. Bonaventura di S. Guglielmo, godendo molto delle sue apostoliche prediche ascoltate in Roma, perciò dovendo questo Padre, l’anno 1640, partire dalla medesima città di Roma per l’Officio suo di primo Visitatore Generale, gli consegnò due reliquie di S. Ignazio di Lojola (pezzo di osso) e di S. Francesco Xaverio (particella della sua pelle) della sua Compagnia di Gesù, parimenti autenticate, acciò le portasse per parte sua al medisimo Convento di Torbigo.
LA POSA DELLA PRIMA PIETRA DELLA NUOVA CHIESA. L’anno 1669 si diede principio alla fabrica della nuova Chiesa che oggi si vede perfezionata. Alli 22 di settembre, giorno festivo di domenica, fu solennemente posata la prima pietra alli fondamenti del lato dell’Epistola, che fa angolo al Coro verso mezzogiorno, dal Conte Francesco Piati, Cavaliere di Calatrava, ricoperta di piombo, in cui furono incisi i nomi del medesimo Conte e dei nostri PP. Sacerdoti della famiglia di quel tempo, essendo Priore il P. Innocenzo di S. Girolamo, il quale la benedì. Era vagamente apparata la Chiesa Vecchia e tirato il panno di fuori per la processione, che si fece portandosi detta pietra da Federico Mazzone, il quale dopo la benedizione, la consegnò nella mani del detto Conte, che scese nel cavo à collocarla nel luogo definito. Il popolo fece grande allegrezza con scarico de’ mortaretti e moschetti. Cantò la messa il detto Priore e dopo l’Evangelio il nostro P. Maurilio da S. Brizio fece applaudito discorso sulla fabrica della nuova chiesa (…) Nella Sagrestia si tengono esposti li ritratti naturali del Cardinal Piati e del Padre Domizio, suo fratello, dipinti ad oglio con distinte iscrizioni (…)
IL CARDINALE FLAMINIO PIATI. Abbenché Gio. Antonio Piati habbia scritto col suo scalpello che la sua famiglia derivasse dal celebratissimo Platone. Come abbiamo recitato di sopra, con tutto ciò Marinone nel suo M.S. De origine Urbis Medielani ac Nobilium Familiarum eius, ha supposto ch’habbi origine dalli ‘Ploti’ dei quali fecero lodevole menzione Marco Tullio Cicerone, Orazio e altri de’ secoli trascorsi, avanti la nascita del nostro Redentore.
Di certo habbiamo dallo storico Crescenti, nella prima parte dell’Anfiteatro Romano (dove parla de’ Conti di Angera sul Lago Maggiore) che in certo strumento, rogato dal notaio Giacomo di Milano, l’anno 1014 sotto lì 27 aprile si fa questa menzione (…) dove Opiazone Conte di Angera, discendente dal Re ultimo d’Italia Desiderio, parla della presenza dei Piati. Girolamo Ghilini negli Annali di Alessandria della Lombardia, dopo avere descritto la fondazione della nuova Città nell’anno 1168, dice che fra le nobili famiglie, mandategli dalla città di Milano per abitarla e dargli essere civile, vi fu quella dei Piati.
L’anno 1239 Passibano Piati diede lustro maggiore alla nobiltà del suo sangue, perciò degnamente lodato dal Coiro (Corio) nella sua historia, quale capitano di grande valore.
L’anno 1371 fra gli statuti della Chiesa Metropolitana di Milano, fu dichiarata la famiglia Piati delle nobili, che potevano eleggere canonici suoi, senza dispensa particolare.
L’anno 1388 li tre Beltramo, Zaracco e Negro furono eletti fra i nobili 900 del Consiglio di Milano, che all’ora era di tanto numero, poi ridotto a 60 sotto il nome di Decurioni. Francesco Fidelfo, l’anno 1460, nell’orazione che recitò a Pavia sopra le nozze di Giorgio Piati (eccellente giurista, fiscale, Consigliere del Duca di Milano Francesco Sforza) con Elisabetta Visconti, commentando la nobiltà della Famiglia Piatti disse (…)
Teodoro Piatti fondò e scuole Palatine nella contrada chiamata della ‘Sozza inamorata’ in Milano, con cinque cotidiane lezioni di Geometria, Astrologia, Aritmetica, Logica e lingua greca, con stipendio convenevole a ciascuno dei cinque Maestri. Perseverarono dette scuole al tempo del Moriggia, come attesta nella ‘Storia di Milano’ e nell’altro della ‘Nobiltà di Milano’, ove de’ letterati di Casa Piati (1595) scrivono che Teodoro lasciò erede lo Spedale Maggiore.
Martino Piati fu famoso consigliere del Duca Ludovico Sforza, il quale fece fabricare palazzi e parchi per caccie nella sua villa e anche chiese. Fioriva l’anno 1500 quando Baldassare Piati, dottore collegiato di Milano e Regio Fiscale, instituì primogenitura nel suo fratello Lodovico.
GIROLAMO figliolo primogenito di questo LODOVICO sposò Antonia Vincemala, di una nobile famiglia milanese, della cui origine antica scrisse parimenti il suddetto Marinone, dicendo essere quella che oggi si chiama Vismara. Questi coniugati cotanto illustri hebbero abbondante prole maschile, due dei quali cioè, Girolamo e Domizio, divennero Religiosi della Compagnia di Gesù. Il primo compose il celebrato libro De bono status Religiosi, fu segretario del P. Generale e morì nell’anno 1591 lasciando altra opera dei suoi studi De Officio & Dignitate Cardinatium, molto prezioso come disse il detto Moriggia. Al secolo si chiamava Ottaviano il detto Domizio e meritò l carica di Procuratore Generale e fu quello che applicò il legato del Cardinale suo altro fratello alla fondazione del nostro convento in Turbigo.
Dalli medesimi genitori, Girolamo Piati e Antonia Vincemala, nacque FLAMINIO l’anno 1550 e non nel 1548 come altri supposero, poiché morì l’anno 1613, nell’età sua di anni 63. Ascritto fra Nobili dottori di Milano, andò alla Corte di Roma quando era Sommo Pontefice Gregorio XIII. Essendo vacato l’officio di Avvocato Concistoriale, spettante ai Nobili di detto Collegio, per il privilegio concesso da papa Pio IV, detto Collegio propose al medesimo Gregorio XIII Flaminio Piati, così anche per Auditore di Rota. All’uno e all’altro fu eletto, in riguardo del suo merito e sapere delle leggi civili e canonica. Esercitò queste prelature di molto studio e fatica con tanta lode che papa Gregorio XIV, milanese, della nobile famiglia Sfondrati, suo affine nella feconda creazione, nel 1591, sotto lì 6 di marzo, giorno di mercoledì, lo propose alla Sacra Porpora della Diaconia di S. Maria in Domenica. Poi Clemente Papa lo rese sacerdote con il titolo di S. Clemente, cambiato successivamente in quello di S. Onofrio e finalmente nell’altro di S. Maria della Pace.
FOTO Il sito che fu acquisito (1633) per la realizzazione del convento: In basso, a mezzogiorno, la ‘Strada che viene dal porto e passa il ponte sul Naviglio e va a Turbigo’ (attuale Via Roma); in alto, a tramontana, ‘Strada che viene dal Navilio’(attuale Via Al Palazzo)