CUGGIONO – L’inizio della storia di questo impianto idroelettrico risale a fine Ottocento (0) quando Cuggiono fu illuminato – primo paese del Castanese, gli altri andavano ancora a gas o acetilene – dalla “Letiga” (l’elettrica), grazie all’ing. Carlo Cornelli, un industriale bustocco (1), che per primo aveva creduto nella novità (la prima centrale in Italia è solamente di qualche anno prima e quella di Castelletto è probabilmente la seconda). Cornelli ci mise un paio d’anni a mettere in esercizio la centrale, per il ‘revamping’ ci si avvicina al ventennio!
1898-99. La centrale prese il posto di un antico mulino, detto delle ‘Baragge’ (2), ed aveva un salto disponibile di circa 6-7 metri e una portata superiore ai 3 metri cubi al secondo (mc/sec). Nel 1920, l’azienda a cui faceva capo la centrale, passò alla ‘Società Anonima Elettrica Cuggionese’ sino a quando tale società, nel 1929, fu assorbita dalla ‘Est Ticino’. Nel 1935, l’impianto fu potenziato e successivamente, nel 1963, con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, anche la centrale di Cuggiono passò all’Enel, rimanendo attiva fino all’agosto 1965 con una produzione annua che, nel frattempo, si era ridotta a 360.000 Kwh, rispetto a quella precedente che superava il milione di chilowattora.
Siamo in linea con la storia generale: fino alla fine degli anni Cinquanta, le acque dei canali di irrigazione della pianura padana (ma anche gli ex mulini) furono attrezzati in modo da produrre energia elettrica (prima,da cinquecento anni mettevano a disposizione forza motrice). E’ ancora possibile per il viaggiatore attento, che percorra la zona di Oleggio irrigata dalla roggia molinara, vedere qualche ‘rudere’ che contiene quelle strutture produttive che il basso costo del petrolio avevano messo fuori uso. Difatti, la centralina idroelettrica in questione – grazie alla portata dell’Arno – produsse chilowattora fino alla fine degli anni Sessanta quando l’Enel decise di disfarsene, in quanto conveniva produrre energia termoelettrica. Chi scrive – allora dipendente dell’Enel – ricorda di essere stato mandato a fare qualche lavoro di manutenzione quando ancora la turbina di Castelletto girava.
In seguito la situazione cambiò. La prima associazione a rendersi conto della nuova situazione fu l’Est Sesia la quale incaricò – dopo la crisi petrolifera del 1973 – gli ingegneri Aldo Porcellana e Paolo Mosca della ‘Hydrodata’ di Torino per una studio sulla fattibilità economica sull’utilizzo a fini energetici delle acque dei canali che attraversano la pianura novarese. In seguito, a partire dal 1986, fu attivato il recupero dei salti disponibili e messo in esercizio 30 centrali idroelettriche. Ora sono un centinaio.
1999 – Sull’onda del successo dell’Est Sesia, anche sulla sponda sinistra del Ticino qualcuno si accorse che potevano essere riattivati i vecchi impianti. La centralina di Castelletto era rimasta lì, abbandonata, scaricando le sue acque dolenti nel Ticino. Giusto un secolo dopo la sua costruzione, i Comuni di Cuggiono e Bernate incaricarono la ‘Coop Arch. G1 Scarl Novara – arch. Pacifico Aina, Giovanni Gramegna, Giulio Rigotti, Valeria Gatti’, in collaborazione dell’Associazione Irrigazione Est Sesia, (nell’ambito del progetto Arge Alp) per la realizzazione di un progetto di recupero del fabbricato e di riattivazione della centrale. Il progetto preliminare denunciava la scarsa portata d’acqua che, negli anni, si era ridotta a 0,5 mc/sec dai 4 originari (ci volevano almeno 2,5 metri cubi al secondo per far ruotare la turbina) e sarebbe stato necessario dirottarne dell’altra nell’alveo.
I DIRITTI SULL’ACQUA. Le carte d’archivio dicono che il D.M. 8442 dell’11.8.1926 concedeva alla Soc. An. Elettrica di Cuggiono il diritto a derivare dal Colatore Arno, in comune di Turbigo, moduli 9 di acqua per produrre con salto di m. 7,5 la potenza nominale in HP 88, pari a KW 64,68 per uso industriale. Successivamente, nel 1935, la Esticino divenne titolare sulla citata derivazione, che successivamente passò a Edisonvolta (1956) per incorporazione della stessa Esticino. Nel 1971, l’Enel rinunciò alla concessione dichiarando che “non era più utilizzabile a fini elettrici” e la mise a disposizione del Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1990, ‘Sistemi di Energia’ chiese la detta concessione, consistente in una portata d’acqua di 900 mc/sec dalla roggia Arno (3) attraverso il Canale del Latte (4) (che attraversa i Comuni di Turbigo, Robecchetto con Induno e Cuggiono) allo scopo di alimentare la centrale di Castelletto. E così fu, ma le cose non andarono benissimo.
2011 – Il consigliere comunale della Lega Nord di Cuggiono, Gianfranco Ronchi, che ha seguito sin dall’inizio le vicende di questo impianto ha dichiarato: “E’ trascorso quasi un anno dall’entrata in funzione della centralina di Castelletto. L’opera è costata 1.373.000 euro e il Comune avrebbe dovuto introitare 90mila euro all’anno. L’Amministrazione, rispondendo alla nostra interpellanza del febbraio 2011, dichiarava che la centralina produce solamente un terzo di quanto previsto per mancanza di portata d’acqua. La cittadinanza – dopo aver appreso le causa – attende di conoscere i rimedi, oltre alle eventuali responsabilità. Ricordo che il Comune di Cuggiono deve restituire 19mila euro ogni anno, per vent’anni, alla Regione Lombardia”.
NOTE
0 – Fu quello il periodo in cui il territorio Medio Ticino prese l’acqua e la fece diventare energia. Non è un caso che, qualche tempo fa, si parlò di istituire un ‘Parco dell’energia’ perché è proprio in questa fetta di territorio che nacque l’energia elettrica. Molte le centrali che presero vita di qua e di là del Ticino: oltre ai cosiddetti ‘impianti del Ticino’ (Vizzola, Turbigo), ci furono centrali come la ‘Dinamo’ (1902), alimentata da un canale di proprietà Edison della portata di 23 mc/sec, sorta nelle vicinanze della raffineria di S. Martino; la centrale di Boffalora Ticino (1906) della società Conti.
1 – Carlo Cornelli (1851-1928) a cui Cuggiono ha denominato una Via a Castelletto, era nato a Busto Arsizio, ma divenne cuggionese di adozione. Le sue molteplici attività si concretizzarono nella realizzazione della strada che collega la ‘Crocetta’ (scansciò) al ponte del Naviglio, realizzata come alternativa a quella del Catenazzone; all’edificazione dell’Asilo; all’installazione di un rivoluzionario impianto di pilatura del riso nel cortile delle vecchie carceri austriache (allora site in Via Fratelli Piazza); alla conduzione di uno stabilimento tessile nel palazzo Clerici.
2 – Il mulino delle ‘Baragge’ faceva parte del tenimento di Castelletto di Cuggiono sito nei Comuni di Cuggiono Maggiore e Minore, Induno, Malvaglio e Mesero di proprietà del cavaliere Giorgio Clerici. Della cospicua proprietà faceva parte anche il palazzo Clerici (il castello di Castelletto) che nel 1871era stato proposto per la realizzzione del manicomio provinciale. Non se ne fece niente e l’anno successivo l’intera proprietà fu acquistata da Carlo Cornelli per 230mila lire.
3 – Storicamente della roggia Arno (che altro non è che il proseguimento di un antico affluente del Ticino che inondò Turbigo nell’Ottocento e che oggi è imbrigliato in alcuni vasconi a Sant’Antonino) è stato scaricato di tutto: 1 – scarico ex conceria Cedrati e acque di drenaggio marcita, 2 – scarico di un canale sulla destra rispetto al ponte di Via Roma; 3 – scarico acque del Navigglio dal vecchio sottopasso di Via Roma. Ora l’Arno viaggia all’esterno del sedime della centrale, ma prima di questa spostamento avvenuto negli anni Novanta, nella roggia entravano le acque del depuratore della centrale e anche quelle del colatore di S. Antonio (azionando una semplice paratia).
4 – Il Canale del Latte, costruito nel 1922, è una derivazione del colatore Arno (corso d’acqua pubblico iscritto al n. 4 dell’elenco della provincia di Milano) realizzato al tempo con lo scopo di alimentare la centralina idroelettrica di Castelletto di Cuggiono. Non essendo un’acqua pubblica fu il Parco Ticino (1990) a chiedere alla Regione l’iscrizione del canale del Latte nell’elenco delle Acque pubbliche. Da misure eseguite nel 1987 risultava avere una portata di 2,5 mc/sec.
FOTO I ruderi dell’impianto idroelettrico di Castelletto di Cuggiono prima che fosse avviato il ‘revamping’