ROBECCHETTO CON INDUNO – Ha creato qualche stupore scoprire che, in un libro del Settecento, scritto da un frate agostiniano, si dicesse che il cenobio turbighese si trovava nelle vicinanze della città murata di Paterniana, un agglomerato urbano che faceva capo a Torbigo e Paregnano.
L’ipotesi è interessante e conferma precedenti idee. Per esempio, Giampaolo Cisotto, vent’anni fa aveva ipotizzato che il toponimo Villaria (vicus ilario o villa ilario), oggi in territorio di Turbigo, fosse da collegare alla presenza della chiesa di S. Ilario censita in Padregnano nell’elenco di Goffredo da Bussero del XIII secolo e, in quella zona, c’è la famosa pila del ponte sul Ticino. Nel libro il frate descrive la città di Paterniana murata (potrebbe essere il documentato Castello inferiore?) e divisa in due da un ramo del Ticino (nella zona Villaria dove c’è la pila di un ponte?). Sostiene, inoltre, che sia stata distrutta a seguito di un incendio causato dalle lotte tra viscontei e torriani (guelfi contro ghibellini) e noi sappiamo che Turbigo fu soggetto alla Signoria di Napoleone Della Torre nel XIII secolo.
Quindi una tale ipotesi fa supporre che, nel primo millennio, sulla riva sinistra del medio Ticino, ci fossero solamente delle città ‘murate’(ovviamente per sicurezza), che le leggende, in parte, hanno tramandato: la città di Binda all’altezza di Castelnovate; La città di Paterniana al confine del Seprio, praticamente in corrispondenza di quelli che furono gli attraversamenti del Ticino.
Per quanto riguarda ‘Binda’ (il cui toponimo è rimasto in una chiesetta di Nosate), la città potrebbe essere sorta – come ha scritto Marco Balbi su Contrade Nostre qualche decennio fa – come accampamento o deposito militare in connessione con il Ticino (porto di Castelnovate) e con la Aquileia-Eporedia, strada importante che transitava in loco. L’insediamento è stato messo in relazione al potenziamento della rete viaria e dei trasporti fluvio-lacuali operato nel IV secolo, realizzati per i rifornimenti e i rincalzi delle linee di difesa dei confini. A quel tempo il Nord era ancora protetto dai limites sul Reno e sul Danubio e Milano era la capitale dell’Impero, ma era necessario che le truppe nelle retrovie potessero intervenire velocemente in caso di necessità. E’ un discorso che vale anche per Castelseprio perché è stato dimostrato come Castelnovate e Castelseprio siano distanti esattamente una giornata di viaggio, l’uno dall’altro, e anche per quest’ultimo è stata ipotizzata una origine come accampamento e deposito militare.
Nel V secolo, quindi, il progressivo crollo dei limites europei determinò la necessità di difendere i confini italiani, ma anche i preesistenti insediamenti con l’erezione di cinte murarie. E’ molto probabile che anche i preesistenti accampamenti siano stati trasformati in veri e propri castelli. A Padregnano – come abbiamo già detto – sono documentati ben due castelli: Castello superiore all’altezza di San Vittore e Castello inferiore i cui resti sono stati definitivamente smantellati dall’azione della vecchia cava Mira. Risulta che, ad un certo momento (XI-XII secolo), queste cinte murarie che delimitavano le aree vaste dei castelli, vengono abbandonate, si isolano delle aree più ristrette che vengono a loro volta fortificate per la difesa della poplazione locale. Probabilmente quello che resta del Padregnano (vedere foto), proprio per la tecnica muraria ancora visibile, è ricondubile a questo periodo, mentre dei due castelli non rimane più nessun traccia evidente, anche se casuali ritrovamenti (sesterzi) attestano con forza la presenza romana. Non solo, ma le tracce archeologiche indicano una continuità di frequentazione della zona per tutta l’epoca romana e anche prima. Infine l’attestazione del Longobardi la troviamo nella denominazione delle antiche chiese (San Martino, San Ilario) di quello che fu, propabilmente, il borgo più importante del medio Ticino nel primo Millennio, accanto al quale transitava certamente la Como-Novara, ma probabilmente anche la Milano-Novara.
FOTO Quello che fu il Padregnano ormai destinato a scomparire