ROBECCO S/N. Che la realtà sia manovrata da forze misconosciute che cercano di dominarla a proprio vantaggio, non è una novità. Per questo motivo c’è la storia che – purtroppo, a posteriori, perché gli archivi sono accessibili dopo 70 anni – chiarisce gli interessi dominanti nei diversi periodi storici e chi se n’è avvantaggiato.
Il caso dell’eccidio di Robecco sul Naviglio è un esempio. La recente ricostruzione di Anna Maria Cislaghi e Mario Comincini (quest’ultimo ha rinvenuto, dopo mesi di ricerche in archivio, il fascicolo processuale e dopo 70 anni ha potuto visionarlo) ha messo in luce un connubio che dà motivo di riflessione. Verità storiche che diventano menzogne negli atti processuali, partigiani che difendono fascisti, vittime predestinate, fino alla rivelazione che, la rappresaglia avvenuta a Robecco, avrebbe dovuto essere effettuata a Corbetta. Infatti, la strage (otto fucilati, 9 deportati che non fecero più ritorno) seguita all’uccisione del tedesco avvenuta alla cascina Chiappana – che si trova, appunto, in territorio di Corbetta – fu ‘spostata’ a Robecco per la ‘sensibilità’ del podestà corbettese, al fine di evitare che qualche suo famigliare incappasse nella rappresaglia tedesca.
Una brutta storia che fa capire come sia difficile arrivare alla verità. Eppoi ci sono italiani che vorrebbero cancellare la memoria collettiva con frasi del genere: “Dopo ben 73 anni ancora a menarla su quelle tristi vicende?” Per questo signore, che si chiama Lorenzo Annoni, che ha scritto su Facebook le sue riflessioni, la verità storica è un optional, la storia in sé è inutile. Che tristezza!