La sera dell’ultimo giovedì di gennaio vengono costruite con stracci e paglia delle Giöbie con sembianze femminili. Nella tradizione i fantocci indossano mutandoni di pizzo, delle calze rosse, un grembiule ed il capo coperto da un fazzoletto. Le Giöbie venivano portate in grandi cortili o sulle piazze per essere bruciate e esorcizzare la fine dell’inverno e l’inizio dei lavori nei campi. Una volta che il fantoccio era arso dalle fiamme, il rogo continuava ad accompagnare la festa popolare alimentato da fascine di rubinia e fusti secchi di granoturco, cioè fasci di “rubinia” e di “maragasc”.
La Giöbia era un’occasione per cenare in comunità o in famiglia “cunt’ uI luganaghen”, il salamino, cotto nella brace e nella cenere del camino, oppure , presso i gruppi più poveri, “cunt’ ul saràcu”, cioè con la popolare saracca; immancabile era sulle mense “ul pangiàldu”, cioè il tradizionale pane alto lombardo impastato con farina di grano e granoturco.
Foto dell’articolo: Gianclaudio Berra