Anni di sacrifici con la morte nel cuore. Una donna anziana come Rosina ha dato l’anima per salvare la vita di suo figlio. Ma ad un certo punto si è dovuta arrendere. Non che le istituzioni aiutino chi si trova in una situazione come la sua. Quella di vedere il figlio crescere sano e forte e, ad un certo punto dall’oggi al domani, ammalarsi di una malattia rara per la quale non c’è mai stata una cura efficace. Le condizioni di Romano Rombolà sono peggiorate lentamente, giorno dopo giorno, in un calvario che è terminato all’ospedale di Magenta.
Nel reparto di Medicina dove è spirato il 19 novembre dello scorso anno all’età di 46 anni. Rosina ha sempre fatto tutto da sola, contando solo sulle sue forze di donna esile, ma che avrebbe dato la vita per il suo Romano. Vive a Inveruno e Romano faceva il buttafuori nelle discoteche della zona prima di ammalarsi. “La malattia gli ha portato via tutto – ha detto la mamma – tanti amici, il lavoro, le passioni. Ma non il mio amore. I genitori che hanno un figlio affetto da malattia gravissima vanno aiutate con ogni mezzo, non vanno lasciate da sole”.
Tra poco più di un mese, il 17 maggio, Romano avrebbe compiuto 47 anni. Rosina ricorda come fosse ieri quei maledetti momenti in cui Romano ha smesso di mangiare. Sono passati due anni e il deterioramento è stato inesorabile e progressivo. Il 15 novembre dello scorso anno l’ultimo viaggio a Magenta, al Fornaroli, dove viene ricoverato nel reparto di Medicina. Ormai le sue condizioni erano disperate e pochi giorni dopo, un sabato sera, muore. In tutto questo ad aiutare Rosina è stato un altro giovane, affetto anche lui da malattia rara, Giuseppe Giorgi. Va spesso a trovarla ad Inveruno, lui che vive a Busto Arsizio. Anche lui con un calvario alle spalle che dura da anni, con viaggi continui negli ospedali di Varese, Milano, Magenta, Abbiategrasso e la speranza che un giorno questo incubo possa finire.
“Nessuno ci aiuta – commenta – solo oggi, dopo una trafila burocratica infinita mi riconoscono una pensione di 270 euro al mese circa. Ma non mi bastano certo per vivere. Non posso lavorare, a volte faccio interi periodi in ospedale. Ho accompagnato io Rosina in ospedale l’ultima volta che Romano è stato ricoverato. Mi telefonava tutte le sere Romano. Mi chiedeva: ciao come stai? Io bene, non c’è nessun problema”.