Premessa:
Dove vanno le opere quando muoiono (se muoiono) ?
E gli artisti che non sono mai vissuti?
Marco Lavagetto come un Dio dell’arte ha dato la morte alla sua Upupa spedendola certamente in un Paradiso del bello, ma ha anche dato vita ad artisti inesistenti facendoli partecipare a kermesse internazionali di un sistema dell’arte malato, noioso e privo di idee.
Per il sistema dell’arte lui è diventato un fantasma, una presenza inquietante, da quando nel 2001 è stata messa in scena la geniale performance “Complotto di Tirana” che io ho ribattezzato come “Teorema Lavagetto” o “Teorema di Tirana”. Chi non conosce questa fantastica pagina dell’Arte Contemporanea farebbe bene a darvi uno sguardo.
Oggi non parliamo del Teorema Lavagetto poiché su queste cose, vista la loro complessità, bisognerebbe scrivere dei libri. A questo proposito consiglio il testo “2001: il complotto di Tirana” libro di Francesca Bulian edito da Chinaski Edizioni.
L’Upupa bruciata
Oggi parliamo di un’opera che mi ha colpito fin dalla prima volta che l’ho vista. Si tratta dell’Upupa bruciata: un uccello imbalsamato posto su due sezioni di putrelle arrugginite tenute insieme da un tirante metallico. L’opera è stata poi bruciata e adesso non esiste più.
Non credo sia utile né necessario dimostrare il valore intrinseco di un’opera non più esistente. Mi limito a dire che fin dal primo sguardo l’Upupa di Marco Lavagetto ha catturato il mio occhio. Tecnicamente è poco più di un ready-made ma il risultato è straordinario. Ci ho pensato a lungo, ho preso vie interpretative sbagliate e ancora mi stupisco di fronte alla capacità comunicativa di un’opera tecnicamente molto semplice.
Evidentemente Lavagetto sa bene che le risorse per quelli come lui, outsiders puri, vanno preservate, dosate.
L’Artista ha così perfezionato l’innata capacità di giungere facilmente alla sintesi. Con pochi tocchi riesce oramai a comporre opere significative. Via orpelli e altre decorazioni! Si giunge subito al significato, al messaggio, al contenuto! In un’epoca caratterizzata da opere attente alla cura del solo linguaggio, della forma, essendo spesso ripetitive e prive di contenuto, io mi lascio affascinare dalla solidità di questo lavoro. Ognuno lo interpreti come vuole, un dato è certo: le istituzioni dell’arte hanno ancora una volta privato le loro collezioni di un’opera importante.
Lavagetto è uno che anticipa tempi ed eventi, prova ne sono i drammatici avvenimenti dell’11 settembre da lui artisticamente anticipati. Con l’Upupa Lavagetto ha anticipato le azioni di un sistema dell’arte che opera attraverso una selezione meritocratica all’inverso, bypassandolo, spedendo direttamente e senza intermediari la sua creatura nel Paradiso delle opere d’arte.
PS la scorsa estate ho visitato il MOMA. Avevo già in mente di scrivere questo articolo, poi lì ho visto l’opera Object di Joan Mirò ed ho pensato subito a Lavagetto ed alla sua Upupa. Allego foto delle due opere una al fianco dell’altra.