ROBECCO – Erano settant’anni che si cercavano documenti che potessero chiarire la vicenda della strage nazifascista del 20 e 21 luglio 1944 a Robecco sul Naviglio, che cioè andassero oltre la ricostruzione fatta con i testimoni oculari, presenti alla sparatoria del 20 luglio alla cascina Chiappana e alla rappresaglia del giorno successivo in paese: testimoni attendibili ma esterni ed estranei rispetto alle dinamiche dell’episodio gestito congiuntamente, a seguito dell’uccisione di un soldato tedesco, da fascisti locali, fascisti abbiatensi, legione “Muti” e tedeschi e che causò otto vittime nei due giorni e la deportazione in Germania di decine di robecchesi, di cui nove non fecero più ritorno.
A partire dal 2013, Anna Maria Cislaghi ha pubblicato tre opuscoli con le memorie della propria madre Agnese Ceruti (classe 1913), integrate con ricerche d’archivio. Pochi giorni prima della sua morte, avvenuta lo scorso 19 giugno, Agnese ha raccontato con nuovi dettagli quei giorni terribili e quindi si è pensato di trovare i riscontri nelle carte d’archivio che fino ad allora erano mancati.
A Cislaghi si è affiancato Mario Comincini e finalmente è tornato alla luce il fascicolo del processo, che risultava introvabile perché spostato in un secondo tempo nel fascicolo di un altro processo connesso, a sua volta rimasto escluso dalla consultazione fino a poco tempo fa per ragioni di privacy. Leggere la ricostruzione dell’episodio alla luce di questi documenti è un’esperienza emozionante ma anche un po’ sconvolgente: retroscena non immaginabili, rese dei conti, verità che diventano menzogne e viceversa, atti d’accusa ritrattati, partigiani che difendono fascisti, vittime predestinate con un’apposita lista e vittime per caso, fino alla rivelazione che la rappresaglia doveva essere eseguita a Corbetta, nel cui territorio è compresa la cascina Chiappana, e che fu poi spostata a Robecco per una ragione che lasciamo al lettore scoprire.
Le indagini prima e il processo poi finirono per coinvolgere quasi duecento robecchesi, nel libro indicati con le precise generalità desunte dalle carte processuali. La ricostruzione della vicenda lascia l’amaro in bocca: con ulteriori prove, agli atti ma non utilizzabili nel dibattimento per un vizio di forma, “il processo – si legge in chiusura del libro – non si sarebbe concluso con gli imputati assolti e un eccidio senza colpevoli: un’altra storia”. Ma la storia che il iibro racconta è un documento eccezionale su quei momenti. Il libro è edito dalla Fondazione di Morimondo e da Italia Nostra – sezione “Naviglio Grande”.