Il turbighese Giuseppe Genè (alias Giuseppe Cedrati) fu uno dei primi naturalisti dell’Ottocento europeo: il quadro ad olio che rappresenta la sua effige (che trova corrispondenza con le fattezze dei Cedrati d’oggidì) aspetta ancora di essere restaurato. Anche questo è un sintomo che il paese, storicamente inteso, non c’è più…
65 – GENE’ GIUSEPPE (alias Giuseppe Cedrati)
Collega la Via Corridoni con la Via Libertà e fu denominata con delibera n. 26 del 9 marzo 1965. Negli anni Trenta del secolo scorso, a conoscenza del fatto che il Comune stava riordinando le Vie turbighesi, il parroco Riboni (con lettera del 19 novembre 1930) proprose al segretario politico del Fascio locale, Guido Rivolta, la denominazione di una Via “all’illustre scienziato che nacque a Turbigo, come risulta dai registri battesimali, il 10 dicembre 1800, nella casa ora De Cristoforis e morì a Torino. Di questo nostro scienziato ne parlarono vari giornali una quindicina di ann fa e una copia venne a noi recapitata”. La proposta non fu presa in considerazione. Fu soltanto trent’anni dopo che l’Amministrazione Paratico decise di dare il nome dell’insigne naturalista (il cui vero cognome era Cedrati) al tratto di strada in questione.
Nel 1988 scrivemmo all’Università di Torino, Dipartimento di Biologia Animale, per chiedere informazioni circa la vita dell’illustre turbighese. Il direttore, prof. Camillo Vellano, ci rispose con una cortese lettera fornendoci copia di due brevi biografie del Nostro. Inoltre, il prof. Vellano ci disse che presso l’istituto e museo di Zoologia dell’Università (dove il prof. Gené svolse la sua attività scientifica dal 1831 al 1847), del quale l’attuale Dipartimento di Biologia Animale e largamente erede, è conservata documentazione dell’attività dell’illustre studioso, “nonché un ritratto ad olio di riproduzione dell’effige”. Solo sette anni dopo , il 4 ottobre 1995, ci recammo a Torino per ‘scoprire’ il volto del nostro concittadino. Ci bastò dire di essere di Turbigo per essere ricevuti con tutti gli onori ed avere la possibilità di fotografare il ritratto di Giuseppe Gené appeso nell’Aula Magna dell’istituto. Ci dissero nell’occasione che il quadro avrebbe avuto bisogno di un restauro e noi l’abbiamo cercato – nel nostro piccolo – in tutti questi anni, ma finora nel l’abbiamo trovato.
Il 10 novembre 2000 la Biblioteca civica ha organizzato un incontro sulla figura e l’opera dello zoologo italiano, Giuseppe Gené. Relatore il prof. Pietro Passerin D’Entreves, docente alla Facoltà di Scienze Matematiche e Fisiche Naturali dell’Università di Torino. Seguono alcuni stralci della nota di cronaca pubblicata, al tempo, su ‘Città Oggi’:
“L’unica tristezza è stata la scarsa partecipazione dei turbighesi che non hanno più memoria del loro passato e degli uomini che hanno occupato – come ha detto l’assessore Cipelletti – “un posto di prim’ordine nel libro mastro della cultura”. Paolo Mira, presidente della Biblioteca, ha sottolineato come l’iniziativa della Biblioteca è nata dalla percezione “del bisogno del paese di riscoprire la propria tradizione, il sentimento di appartenenza ad un determinato territorio” anche per uscire dal torpore nel quale sembra sprofondato Turbigo. Poi la parola è passata all’illustre professore torinese.
FU UNO DEI PRIMI NATURALISTI EUROPEI – Il museo di Torino era uno dei più importanti d’Italia e i suoi direttori (Genè fu uno di questi) erano in contatto con tutto il mondo. Fondato nel 1739, al tempo in cui il museo era ancora una “Camera delle Meraviglie”, bisogna arrivare all’inizio dell’Ottocento, con Bonelli, allievo di Lamarck (che aveva pubblicato la prima filosofia evoluzionistica del tempo – Le specie si possono modificare nel tempo) per entrare nel mondo moderno. Bonelli modificò il museo secondo la teoria evoluzionista del suo maestro, ma con la Restaurazione (1814) dovette fare marcia indietro. Ma l’ambiente accademico era ormai pregno della nuova filosofia e quando morì, nel 1830, fu chiamato a sostituirlo nella direzione del museo Giuseppe Genè, convinto antievoluzionista. Il turbighese, laureato a 21 anni in filosofia a Pavia, si era dedicato alle scienze naturali durante una lunga malattia che gli lasciò come postumo una forte passione scientifica. Genè pur essendo un convinto assertore della tesi “fissista” non rimaneggiò l’opera di Bonelli, squisitamente evoluzionista, ma si dedico a studi sulla flora e fauna della Sardegna su specifica indicazione del re Carlo Alberto. E fu in questa occasione che conobbe Alberto Lamarmora (fratello del famoso generale) e con lui portò avanti la conoscenza naturalistica di questa importante parte del Regno. Suo è lo studio sul Falco Eleonora e l’individuazione di 56 specie nuove di insetti (il professore torinese ha portato anche scritti autografi del Genè sui pesci del Ticino con il nome in dialetto, posto accanto a quello scientifico). Fu segretario al 1^ congresso degli scienziati italiani che si tenne nel 1840 e tentò anche la strada della divulgazione con una pubblicazione Pregiudizi popolari sugli animali.
EVOLUZIONISTI E FISSISTI – Fu il tema del tempo. I fissisti dicevano che le specie esistenti erano ancora quelle delle creazione, mentre gli evoluzionisti capeggiati poi da Darwin (L’Uomo e le Scimmie è del 1864) indicavano nell’orangutan l’anello di collegamento tra l’uomo e i bruti. Al di là della posizione fissista di Genè, certo è che il problema scientifico è tutt’altro che risolto: in alcune università americane i creazionisti, ancora oggi, negano con tutte le forze, la teoria evoluzionista di Darwin”.
Il nipote di Giuseppe Gené: Guido Boggiani, esploratore – Agli inizi dell’Ottocento il padre di Giuseppe, Francesco, fattore dei beni della Casa Erba-Odescalchi lasciò Turbigo e scomparse dalla scena locale. Si è scoperto in tempi recenti che la figlia dello scienziato turbighese, Clelia, aveva sposato ad Omegna Giuseppe Boggiani ed aveva dato alla luce un figlio, Guido (Omegna 1861-Paraguay 1902), morto giovane come il nonno. Pittore affermato, ben presto si lasciò prendere dalla passione dell’avventura. Si imbarcò per il Sud America per poi spostarsi nel selvaggio Paraguay, dove imparò gli idiomi locali arrivando a scrivere un vocabolario. Ritornò in patria e dopo un viaggio in Grecia con D’Annunzio (suo grande amico) ripartì per il Paraguay dove riprese gli studi linguistici, antropologici ed artistici. La sua voglia di conoscere lo spinse troppo avanti, fino a incontrare la tribù dei pericolosi Ayoréos dalla quale venne imprigionato e ucciso. Recentemente, Isabella Bonati, ha tratteggiato la figura del grande esploratore nel volume Guido Boggiani – orme nell’ignoto, Torino, 2006.
FOTO Il ritratto di Giuseppe Gené che aspetta di essere restaurato
66 – GIOVANNI XXIII, Papa Pacelli
Collega la Via Villoresi alla Via Plati (Piatti) e fu denominata con delibera n. 120 del 28 settembre 1971.