Su quella che fu la vita di quella marea di soldati prigionieri degli Alleati, dislocati in tutto il mondo, c’è una lunga bibliografia. Secondo la Commissione Onu i prigionieri in Gran Bretagna furono 420.222. Uno di questi si chiamava Olindo Pavan, catturato in Africa settentrionale nel 1943, finì a lavorare in una fattoria inglese durante il periodo di prigionia. Poi, un anno dopo la fine della guerra (estate 1946), ritornò in Italia e cominciò a costruirsi una vita, lavorando alla costruzione dell’autostrada del Sole.
Cinquant’anni dopo è un ottantenne malato che conta i giorni che lo separano dalla fine. Riceve una lettera dall’Inghilterra. E’ di Ada, la ragazza conosciuta e amata alla fattoria dov’era stato ‘prigioniero’. Aveva dimenticato la ‘lingua di guerra’ e sua nipote la traduce per lui. Ada, nonostante abbia vissuto pienamente (sposata con figli), ricorda Olindo, il suo primo amore e vuol conoscere il suo vissuto. Lui risponde e detta parole accorate alla nipote che traduce e invia ad Ada. Parlano delle loro vite in alcune lettere successive, poi la fine di Olindo. Ma Ada, nonostante fosse avanti con l’età, vuol venire ugualmente in Italia a posare un fiore sulla tomba del suo primo grande amore, solo per salutarlo l’ultima volta. E lo farà accompagnata dalla nipote di Olindo, Irene (nata nel 1977) che ha raccolto la memoria del nonno in un bel libro, intenso e commovente: “Solo per dirti addio”, prima edizione gennaio 2016.