TURBIGO – Ci telefonano per dirci che in Via Patrioti c’è un genio che sta collaborando con il Museo Civico di Cuggiono (1) per il recupero di alcuni orologi antichi. Ci dicono di intervistarlo e noi ci presentiamo lì, a casa sua, martedì 4 luglio 2017, per conoscerlo e farci raccontare le sue passioni.
Una storia lunga settant’anni quella di Gianfranco Colori, classe 1944. All’inizio degli Anni Cinquanta la sua famiglia, proveniente dal Veneto, si trasferisce a Turbigo. “Ho fatto le scuole che potevo dopo le Medie, ma mentre lavoravo frequentavo delle scuole serali a Milano, dove insegnavano termodinamica e chimica. Avevo fame di conoscenza e seguivo anche corsi cui non ero nemmeno iscritto, al punto che riuscii a prendere il patentino di primo grado senza alcuna fatica. Mi aiutò il signor Ermenegildo Poli, allora capo della centrale termica di Turbigo, che mi permise di fare il tirocinio sulla caldaia Sulzer di Ponente. Così divenni conduttore di un generatore di vapore della superficie di 15mila metri quadrati! Avrei potuto farmi assumere dalla Vizzola (poi Enel), ma preferii correre dietro alle mie voglie, come quella – al tempo – di condurre un treno a vapore!
IL LAVORO. La vita, poi, ci porta dove vuole e Gianni Colori andò a lavorare alla Ital Lastik di Turbigo. “Lavoravo in stabilimento dalle 4 del mattino alle 12, poi nel pomeriggio continuavo a frequentare le scuole a Milano”. Poi cercò di crescere partecipando ad una selezione della ditta ‘Cavallero Gomma’, poi dall’87 alla ‘Argo spa’ di Baranzate. Diventò responsabile di produzione di un laboratorio dov’erano impiegate 40 persone. Il loro compito era quella di studiare mescole aventi proprietà di resistenza all’olio, all’ozono, agli idrocarburi, utilizzabili nei diversi campi: medicale, petrolifero, automobilistico, aereospaziale. “Abbiamo creato guarnizioni che sono state montate sui satelliti. Guarnizioni che viaggiano nello spazio siderale, polimeri speciali. Il nostro lavoro era quello di risolvere problemi, trovando le ‘ricette’ giuste per realizzare guarnizioni di tenuta e protezione, secondo l’utilizzo a cui erano destinate: alimentare, medicale, automobilistico, oleodinamico”.
Nel 2000 lasciò il suo appassionante lavoro firmando un ‘patto di non concorrenza’.
LA GENIALITA’ – Non c’è alcun dubbio che Gianfranco Colori sia un creativo. “La genialità è un dono di famiglia. Mio nonno, classe 1888, aveva il talento che ci ha tramandato. Faceva il fabbro a Gorgo al Monticano (Treviso). Era capace di aggiustare tutto, ma anche di costruire aratri, ferri di cavallo, cerchiare le ruote di legno con metallo. Inventò una ‘chiave nella chiave’ per il tabernacolo della chiesa del nostro paese per evitare che rubassero, un’opera di raro ingegno. Un artista, dal quale ha preso mio padre (classe 1919) e anch’io da piccolo ero incuriosito dai macchinari dell’officina: trapano, tornio, mole maglio, fucina. E’ lì che il mio carattere si forgiò, mi prese quella voglia di conoscere che mi ha accompagnato per tutta la vita, proprio al fine di affrontare e risolvere i problemi tecnici con grande determinazione, senza la quale è facile arrendersi alle prime difficoltà”.
LA PASSIONE. Dieci anni fa, lo scoppio di una bomboletta di ossigeno, (2) che gli serviva per delle saldature, gli ha provocato l’amputazione della gamba sinistra e da allora, avendo necessità di rimanere maggiormente seduto, ha coltivato il suo hobby che è quello della riparazione degli orologi antichi. “Successe che, nel 2003, in occasione dello sposalizio della figlia, decisi di regalargli un orologio a pendolo antico. All’Epifania la figlia mi dice che l’orologio non va, per cui lo porto dall’orologiaio. Dopo due mesi mi viene restituito dicendomi che non c’era modo di ripararlo. A casa sono stato preso dal fomento, dalla voglia di ripararlo. Lo smonto, passo dopo passo, mettendo su un tavolo tutti gli ingranaggi secondo la sequenza di smontaggio, individuando così il pezzo difettoso. L’orologio funziona ancora oggi. Da allora ho raccolto una marea di orologi non funzionanti e li ho riparati, diventando uno specialista nel campo al punto che la ditta Dival (azienda milanese che produce orologi in stile) mi chiede qualche piccola riparazione. Non solo, ma quando si sa che c’èun buon riparatore il lavoro non manca e ti portano i cucù da riparare. Anche il museo di Cuggiono mi ha chiesto di riparare un orologio antico”.
L’abitazione del Nostro è costellata di orologi, ogni pezzo ha una storia: da quello in bagno montato in maniera tale da vedere le ore ribaltate nello specchio; al pendolo tedesco; all’orologio ‘usa e getta’, datato 1880, che davano agli immigrati per la traversata dell’oceano (nella foto); alla pendola occhio di bue d’inizio Ottocento con movimento ‘Moubier’ proveniente da Magenta, probabile lascito dei francesi della seconda guerra d’indipendenza. Un museo dell’orologio antico e funzionante in casa, che abbiamo avuto il piacere di visitare.
NOTE
1 – Il contatto con il museo di Cuggiono è avvenuto tramite il club Satellite Parabiago-Naviglio Grande del Lions Club Parabiago ‘Giuseppe Maggiolini’
2 – La bomboletta esplose senza fiamma, senza produzione di calore. Fece saltare in aria alcune piastrelle del pavimento, piegò la piantana di un tavolo da lavoro e sfondò il plafond dell’officina. “A tal proposito – aggiunge Colori – ho letto in questi giorni su un quotidiano che una soubrette, è stata uccisa dallo scoppio di un’identica bomboletta di ossigeno. La Procura ha indagato, ma dopo dieci anni nessuno mi ha detto niente sulle cause dello scoppio.”