TURBIGO – Il nostro paese è stato l’ultimo Comune di residenza, per cui abbiamo potuto scoprire come si chiamasse: Simone. Era scomparsa dalle nostre strade da alcune settimane e abbiamo saputo casualmente che era morta in solitudine all’ospedale di Somma Lombardo. Chi scrive la vedeva camminare nel Turbigh in Giò e si era accorto che qualcosa non andava. Il passo non era più sciolto, a volte barcollava, i lunghi capelli non erano più curati erano diventati ispidi, il viso era smunto. Il suo percorso giornaliero era dalla ‘Caffetteria di Turbigo’, dove trovava sempre qualcuno che gli pagava un caffè, corretto grappa, per poi raggiungere il bar della ‘Bocciofila’, dove faceva qualche lavoretto e racimolava qualcosa da mangiare. L’avevano soprannominata la ‘Merkel’, perché tedesca. Ignoto il luogo dove dormisse, anche se è probabile che fosse in una qualche casa abbandonata nell’area del Ponte di Castano, dove abbiamo avuto occasione di incrociarla. Non salutava, non sorrideva da tanto tempo, abbassava gli occhi.
Classe 1961, maturità alberghiera, sposata con un italiano in Germania (per cui aveva acquisito la nostra nazionalità) era arrivata in Italia insieme al coniuge che presto l’aveva abbandonata. Da separata arrivò a Turbigo in compagnia di un altro uomo che presto si stufò di lei. Rimase sola, con niente da dare e da fare, in cerca di un’umanità che è sempre più rara, anche se qualche barlume è ancora rintracciabile nei nostri paesi. Non certamente nelle istituzioni, che devono essere ‘autorizzate’ per essere umane! Non chiese mai niente a nessuno, non allungò mai la mano. Rimaneva in attesa della benevolenza dei pochi che conoscevano la sua fatica del vivere. Vagabondava da un posto all’altro, a piedi, mantenendo quella dignità che ci ha spinto ricordarla.
FOTO Simone intenta ad attraversare la piazza ‘Madonna della Luna’