Furono chiamati in leva, molti di loro ancora 17 enni, subito dopo la battaglia di Caporetto.
La penna di Gabriele D’Annunzio, raccontava il passaggio tremendo di un’intera generazione di adolescenti dalla famiglia alla trincea: «La madre vi ravvivava i capelli, accendeva la lampada dei vostri studi, rimboccava il lenzuolo dei vostri riposi. Eravate ieri fanciulli e ci apparite oggi così grandi!».
Quei grandi “fanciulli” erano nati l’ultimo anno dell’Ottocento: da qui il loro nome e cognome, “I ragazzi del ‘99”. Fu l’ultima leva di 265 mila italiani chiamati a «resistere, resistere, resistere!» sul fiume Piave, come esortava Vittorio Emanuele Orlando, l’allora presidente del Consiglio.
Giovani di diciott’anni, a volte non compiuti, che hanno contribuito in modo decisivo «alla Vittoria», come si diceva, e all’indipendenza dell’Italia il 4 novembre 1918. Spesso a costo della vita
Non voglio commentare i 18 enni di oggi, non voglio fare polemica, ma una riflessione si, quella la devo fare. Un secolo può sembrare tanto, ma di fatto non lo è. Dove abbiamo sbagliato? Oggi potremmo chiamare quelli del 1999 “I ragazzi del 99”…??? Io credo di sì, ma perché la maggior parte di loro non vuole davvero crescere.
Io ho avuto la fortuna di conoscerne qualcuno del 1899, rimanevo seduto al “circolone” con loro che bevevano vino, estasiato a sentire i racconti di guerra.
Un giorno, uno di loro che ebbe la sfortuna di fare in totale, tra un richiamo e l’atro, quasi 10 anni di guerra mi disse: “ero il primo di 5 fratelli maschi, tutte le volte che arrivava la cartolina di richiamo, in cuor mio speravo che fosse la volta che chiamavano, alla leva, uno dei miei fratelli, invece toccava sempre a me – poi con un sorriso quasi sarcastico ci rivela – non ricordo se fu il 3° o 4° richiamo, pensai, alla vista della “cartolina” non toccherà ancora a me. Mia madre l’aprì ed era per me, richiamato. Arrabbiatissimo andai al distretto e ricordo che chiesi, avete dichiarato voi guerra al mondo o sono stato io, ma feci come sempre il mio dovere e partii!”
Ultima nota Storica. I ragazzi del ’99 furono, dunque, protagonisti di tre battaglie decisive, che hanno capovolto le sorti del conflitto: tutte e tre battaglie vinte. Le soprannominate “battaglia d’arresto” a cavallo fra il Trentino e il Veneto il 10 novembre 1917. Quella del “solstizio” a metà giugno del 1918. E la “battaglia di Vittorio Veneto” fra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918.
Come aveva scritto il generale Diaz, «voglio che l’esercito sappia che i nostri giovani fratelli della classe 1899 hanno mostrato d’essere degni del retaggio di gloria che su essi discende». A ben undici di questi soldati-ragazzini, originari di Roma, Milano, Messina, Ariano Irpino di Avellino, Riva di Trento, Firenze, Cagli di Pesaro, Longobucco di Cosenza, Novara e Lucca, cioè figli dell’Italia da quel momento libera e unita dal Brennero a Lampedusa, furono assegnate medaglie d’oro al valore.
Non ce ne sono più di “Ragazzi del 99”. Ma nell’aria c’è e si deve ricordare, anche da parte delle Istituzioni, il loro forte grido alla chiamata: “PRESENTI!”.