ROBECCHETTO CON INDUNO E MALVAGLIO – Il primo di agosto, dell’Anno del Signore 2017, in un caldo pomeriggio, abbiamo incontrato Sandro Passerini, uno dei titolari della Cascina Cirenaica che si trova ai margini dei territori di tre Comuni: Malvaglio di Robecchetto con Induno, Cuggiono e Castano Primo. E’ un lavoro antico il suo: una storia lunga millenni durante i quali la ‘Tèra négra che fa al furmènt’ non sempre è stata rispettata, anzi si è cercato di drogarla per far sì che potesse dare maggiori frutti, con il rischio di farla diventare ‘Tèra biànca che var niènt’.
Un paese immerso nella campagna
Il territorio di Robecchetto con Induno, dove insiste la maggior parte dei terreni della cascina Cirenaica, è immerso nel Parco del Ticino e anche questo ‘stato di grazia’ ha aiutato nelle scelte ecosostenibili che hanno caratterizzato la crescita dell’azienda agricola negli ultimi decenni.
Non è facile datare le cascine posteriori al Cinquecento – e sono il maggior numero – perché questo tipo di edificio tese sempre più ad allontanarsi dal filone castello-cascina di nobile memoria, aprendo la porta alla ‘corte’, quasi sempre dotata di aia, luogo un tempo utilizzato per la raccolta e la lavorazione (essicazione) dei prodotti. Certo è che il nome ‘Cirenaica’ rimanda al tempo della guerra di Libia d’inizio Novecento, ma la storia della cascina lombarda – lunga almeno cinque secoli – è stata scritta da autori di chiara fama e lì rimandiamo chi volesse saperne di più. (1)
L’Anagrafe castanese registra tredici cascine alla fine dell’Ottocento, contro le quattro del Cinquecento (Malpaga, Cornarina, Cantona, Saronna), ma la ‘Cirenaica’ non è elencata: è un progetto realizzato, molto probabilmente, dalla famiglia nobile (Mapelli) che possedeva i terreni posti a corollario dell’edificio.
1969: I Passerini arrivano alla cascina Cirenaica
Lombardi di antica memoria e tradizione i Passerini acquistano la ‘Cirenaica’ nel 1969, dagli eredi del conte Mapelli. All’epoca era un allevamento tradizionale di zootecnia da latte che fu trasformato, una decina di anni dopo, in suinocultura. Ma è nel 1984 che la famiglia decide di investire per migliorare le condizioni di vita dei \maiali, con la realizzazione di una nuova porcilaia (a ciclo chiuso con scrofaia), che rappresenta il primo passo verso un maggiore ‘rispetto’ nei confronti degli animali di allevamento. Già allora i fratelli Passerini (Sandro e Giampietro) andavano alla ricerca di un’agricoltura più ecosostenibile, più vicina all’uomo che ai supermercati, che piano piano si concretizzò, cominciando dalla realizzazione di vasche di maturazione e valorizzazione dei liquami (1996). Due anni dopo, il padre Francesco passò il testimone ai figli, che decisero di dialogare con il Parco Ticino per poter aderire al Registro delle Aziende Agricole a Marchio Parco Ticino – Produzione Controllata, mettendo a punto (a quell’epoca), un disciplinare condiviso per l’allevamento dei suini ecocompatibile ed etico.
Ridussero da subito il numero dei capi di allevamento aumentandone gli spazi vitali, creando così un progressivo aumento del benessere degli animali in linea con gli standard fissati nei The Five Freedoms (Le 5 libertà), che prevedono, per esempio, una lettiera con paglia, dove i suinetti riposano nella fase di svezzamento e magronaggi, dove possono giocare, nutrirsi in libertà, e senza maltrattamenti.
1994: : “Per andare avanti siamo ritornati indietro!”
“Ricordo che dicevo a mio padre che 300 quintali di concimi chimici erano troppi, che la terra si sarebbe’arrabbiata’, che non sarebbe stato possibile continuare in progress. Oggi i concimi chimici li abbiamo ridotti di oltre il 90% e la nostra non è più un’agricoltura intensiva. Quest’anno abbiamo messo a coltura il 40% di mais, affiancato a frumento e orzo, anche per la paglia seguendo la coltivazione del Sorgo; e tante leguminose (pisello, favino, lupino dolce) al 20%, proprio al fine di migliorare la qualità del terreno in modo naturale. Inoltre, da molti anni abbiamo ripreso la’baulatura’ del frumento, ovvero la trasemina del trifoglio all’interno del frumento in crescita, proprio per migliorarlo ulteriormente, evitando il terreno brullo d’estate e d’inverno”.
Una parte dei cereali e legumi coltivati al’Azienda Agricola Cirenaica, sono destinati per uso umano, venendo trasformati in farina, tutte macinate a pietra (per mantenere le virtù dell’olio del germe) e poi trasformata in prodotti a forno, grazie alla filiera agroalimentare creata con il ‘Panificio e Pasticceria Lorenzini’ di Turbigo, ‘Il Pane di Patrizia e Carlo’ di Robecchetto e ‘Il Fornajo’ di Verghera, negozi dove è possibile trovare prodotti realizzati con farina dei cereali del Parco del Ticino. Per non farsi mancare niente, all’interno dell’azienda agricola si coltiva anche della frutta (mele, pesche, albicocche) una parte della quale viene trasformata in conserve, e/o conservata anche per i dolci.
L’antico rapporto produttore-consumatore messo in discussione dai supermarket
Anticamente c’era un rapporto diretto dell’azienda agricola con il consumatore. L’iniziativa della ‘Latteria Moderna’ della Villa Annoni era esemplare, e ancora all’inizio del Novecento accadeva che le donne si riunissero per cuocere il pane davanti al forno del paese. “Oggi tocca a me, domani tocca a te”, Bisognava scaldare il forno perché il venerdì lo si spegneva e il lunedì si riaccendeva. Era necessario cercare della legna scadente (robinia) per introdurla nella camera del forno che, una volta arrivata a temperatura, era pronta a ricevere il pastone che era stato preparato nel ‘baslot’. Per farlo lievitare si utilizzavano le briciole recuperate nella ‘marneta’, una volta che erano diventate ‘brusche’, e che, oggi, chiamiamo “pasta madre”. Ogni donna portava le sue pagnotte, quindi per poterle individuare cotte facevano un segno. Un altro mondo, quello delle civiltà contadina, che è rimasto solamente nella memoria dei vecchi, ormai quasi tutti scomparsi.
Con l’avvento della industrializzazione si è verificato uno scollamento tra il produttore e il consumatore. La grande diffusione dei supermarket, d’ispirazione americana, la cosiddetta ‘società dei consumi’, sostenuta da una pubblicità asfissiante che induce il consumatore ad acquistare determinati prodotti ha chiuso quella parentesi storica. I contadini hanno smesso da tempo di vendere il latte appena munto. Il latte crudo, dicono, è sporco e fa male e pazienza se l’abbiamo sempre bevuto da piccoli.
La conseguenza è stata che le aziende agricole soprattutto quelle piccole, sono entrate in crisi e i negozi ed empori di vicinato, che avevano inizialmente la funzione di collegamento tra aziende agricole e consumatori, hanno tirato giù la ‘claire’ e hanno chiuso attività decennali. Di questi, oggi, sono rimaste solamente le insegne arrugginite, ma sembra che la politica ora, se ne sia accorta e per evitare la desertificazione dei piccoli centri c’è la proposta di istituire una zona franca (nella quale ci saranno agevolazioni fiscali) al fine di evitare la chiusura dei piccoli esercizi commerciali. Lo scopo è quello di rivitalizzare il commercio nei centri minori, contrastando il fenomeno che mette in difficoltà chi ci vive e impoverisce il tessuto sociale. L’ex assessore al Commercio e vicesindaco di Robecchetto, Alessandro Foieni, nei dieci anni che è stato in Amministrazione, aveva messo in primo piano la difesa dei negozi sottocasa proprio per il valore sociale in sé, in quanto la chiusura di certi esercizi commerciali, come il piccolo alimentare di paese, determina pesanti ricadute sulle fasce più deboli della popolazione, in primo luogo degli anziani. Devono rivolgersi ai figli, perdendo così punti di riferimento fondamentali dove erano radicate le loro abitudini: si comprava un etto di salame, ma si scambiavano anche quattro parole che facevano bene alla salute! E’ un fenomeno – questo della chiusura dei micronegozi – che sfilaccia il tessuto sociale, storico e culturale dei nostri paesi, al punto che al mattino non si esce più per fare la spesa, ma si aspetta la disponibilità del figlio per fare una corsa al supermarket.
2002: “I nostri prodotti nostrani vanno in Europa”
“Premesso che l’agroindustria – negli Anni Novanta del secolo scorso – non era pronta a produrre con un minor impatto ambientale – continua Sandro Passerini . ma vista la domanda di prodotti ‘nostrani’ da parte dei consumatori ci siamo messi di buzzo buono a produrli. Avevano (e hanno i prodotti senza o.g.m., ndr) un costo di produzione più alto rispetto a quelli delle multinazionali, ma l’aver impiantato un salumificio (2004), con macellazione e trasformazione interna, ci ha permesso di avere margini tali da evitare il ritorno all’agricoltura convenziale di carattere intensivo. Abbiamo così imboccato con convinzione la strada dell’agricotura ecosostenibile a marchio ‘Parco del Ticino’ e oggi possiamo dire di avercela fatta. Nel nostro salumificio lavoriamo con l’antica tradizione ‘Norcina’ utilizzando tecniche all’avanguardia sotto il profilo sanitario, al punto che possiamo vantare il ‘Bollo Ce’, che documenta come i nostri prodotti siano continuamente soggetti ai controlli del Servizio Sanitario Nazionale” ed è l’Autorizzazione sanitaria che consente la libera circolazione di alimenti di origine animale in tutta l’Unione Europea”.
Quindici anni fa, l’inaugurazione dello Spaccio Aziendale vide confermata la collaborazione tra privati e istituzioni e lo disse chiaramente il medico-veterinario Sante Zuffada (oggi senatore della Repubblica) che aveva seguito l’istruttoria dell’azienda: “Questa realizzazione è un esempio importante di collaborazione tra Comune, Parco del Ticino, Provincia di Milano e i privati (fratelli Passerini, ndr) che ha permesso di raggiungere alti livelli sanitari. Nel nostro Distretto è l’unica azienda che si è lanciata nel recupero della tradizione locale. Un grosso impegno, ma l’obiettivo raggiunto è alto: potrà vendere i propri prodotti in ambito europeo vantando il marchio del Parco del Ticino”.
La norcineria, l’arte di lavorare la carne di maiale, ha una tradizione antica e tecniche tradizionali che i Fratelli Passerini hanno cercato di recuperare dalla memoria del tempo in un’angolazione salutistica. “Il nostro ‘brand’ – partendo da un suino alimentato in modo corretto ed allevato ‘felicemente’ – è caratterizzato da una carne poco stressata (2), ovvero più salutistica e da una bassa quantità di grassi saturi, responsabili del colesterolo cattivo, che crea probemi alla coronarie. Macelliamo maiali maturi che hanno oltre un anno di vita, per produrre salumi in modo tradizionale, lavorati a mano, senza lattosio, fibre o correttori d’acidità, e le cosce le mandiamo a stagionare sul lago d’Oggiono dove c’è un clima particolare. Li lasciamo lì due o tre anni, a seconda delle dimensioni delle cosce, e così otteniamo una quantità di grassi polisaturi ed insaturi altissima non solo nei prosciutti crudi, i quali posseggono il riconoscimento ministeriale di Prodotto Agroalimentare Tradizionale (Pat)”, ma anche in tutti i salumi.
NOTE
1 – CESARE CANTU’, Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, Milano, 1858; CESARE SAIBENE, La casa rurale nella pianura e nella collina lombarda, Firenze, 1955; CARLO PEROGALLI e altri, Cascine del territorio di Milano, Milano editrice.
2 – FRANCESCO ARIOLI, Ricercatore presso l’Università degli Stdi di Milano – Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare, in una relazione di qualche anno fa (2013) ha così concluso: “I dati sopra riportati evidenziano che i livelli di cortisolo e cortisone urinari dei suini dell’Azienda Agricola Cirenaica sono più bassi di quelli dei suini da altri allevamenti. I fattori che potrebbero influire su questi parametri, indicativi di maggior benessere dei suini dell’Azienda stessa, sono da individuare sia nella soddisfazione delle specifiche esigenze degli animali, nell’attenzione alle condizioni di stabulazione, alle pratiche zootecniche e alla densità degli animali. Non è comunque da sottovalutare, anzi è da sottolineare, l’importanza della presenza di un macello all’interno dell’Azienda, che evita agli animali lo stress derivante dal trasporto e dal cambiamento di ambiente precedente la macellazione”.
FOTO Sandro Passerini nella sua azienda e un’antica immagine del Contadino del Mandamento di Cuggiono