TURBIGH IN GIO’ – Domani (4° domenica di ottobre) la tradizionale festa dei SS. Cosma e Damiano durante la quale il ‘Balon d’in giò’ verrà bruciato due volte: la prima, durante la messa mattutina, la seconda volta nel pomeriggio, in mezzo ai turbighesi.
“Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani” e questa antica tradizione della Diocesi milanese, tramandata nelle chiese dedicate ai Santi Martiri, a Turbigo continua a rischiarare la festa e, per il gruppo organizzatore è segno tangibile del continuum storico.
Onorare la memoria dei Santi Martiri cristiani, Cosma e Damiano, due medici anargiri (che prestavano la loro opera gratuitamente) è un impegno che continua, per una questione culturale, di identità, oltre che per un sentimento religioso diffuso. Anche perché dove non c’è denaro non prolifera la corruzione.
Sono in tanti che hanno nel cuore questa chiesa che rappresenta il fulcro di quel ‘Turbigo Inferiore’ nato mille anni fa sulle sponde del Naviglio. Ma oltre a ricordare i Santi Martiri, stasera, ricordiamo anche don Lino Beretta. Fu lui a risollevare questa chiesa dall’abbandono cinquant’anni fa. Una lapide murata in chiesa lo ricorda. Promosse una serie d’interventi di manutenzione straordinaria, quali la sostituzione del tetto, il rifacimento del pavimento in seminato veneziano. Fu trasportato l’altare nel luogo primitivo, tinteggiata la chiesa, rifatto il nuovo portale d’ingresso lato Naviglio, rifatta l’impalcatura delle campane con suono automatizzato, impianto di suono, rinnovato l’impianto elettrico, sanate le pareti con cemento idrofugo. Inoltre, furono piazzati banchi e sedie per i fedeli e rinnovate le suppellettili: tabernacolo di sicurezza, ostensorio, calici, pissidi, candelieri, messali, paramenti di tutti i colori liturgici, (camici, cotte, tovaglie, ecc.), armadio in noce ed, infine, riscaldamento con aerotermi.
Durante il rifacimento del cimitero fu possibile infilarsi nei meandri dei sotterranei della chiesa e lì furono rinvenuti i resti dei frati Agostiniani Scalzi, alcuni distesi sul pavimento (foto), altri su dei baldacchini. Chi scrive, allora ragazzo, ebbe la possibilità di ‘curiosare’ negli anfratti nascosti e nei pertugi che si muovevano in tutte le direzioni. C’era di tutto lì sotto: alcuni frati erano addirittura posti su alte poltrone a identificare il ruolo che avevano svolto in vita e c’erano ancora resti di vestimenti. E la croce (foto) aveva il sopravvento su tutto lo scenario mortuario. Don Lino ordinò che fossero murati tutti gli ingressi ai sotterranei e di quel mondo perduto restano solamente le foto che abbiamo avuto l’accortezza di scattare allora a perenne memoria, qui pubblicate.