Cari amici,
oggi vi presento un nuovo artista, si tratta di Davide Deekshant Antiporta. A suggerirlo è il critico d’arte Vittorio Raschetti che lo definisce un mix tra Chet Baker e Jean-Michel Basquiat.
Noi di CorriereAltoMilanese.com speriamo di poter ammirare presto le sue opere dal vivo e intanto pubblichiamo l’interessante testo critico che il Prof. Raschetti gli ha dedicato.
Buona lettura.
Sante
Antiporta
Porta della percezione, antiporta, soglia di soglia, tra due porte, antimondo, luogo di passaggio tra due ingressi che si guardano, che si specchiano replicandosi all’infinito: porta della dannazione, porta della salvezza. Antiporta spalancata sull’inferno, senza possibili ripensamenti: lasciando i resti di una scia di conseguenze non ritrattabili, tracce di combustioni: colori, dolori immersi in segnali di fumo impalpabili ma in grado di comunicare a distanza.
C’è responsabilità e felicità nell’oltrepassare, nel compiere il salto definitivo, nel tracciare un segno indelebile. Antiporta, nelle sue migrazioni nell’inquietudine, nelle sue ossessioni poetiche, mostra che solo nel pericolo, solo frequentando il possibile fraintendimento si può diventare artista davvero. Le opere sono centri di risonanza, quadri specchi vibranti pronti ad ospitare intrusioni e disposti a farsi possedere da una molteplicità di demoni transitori, mobili, inquieti.
Si percepisce la nostalgia della totalità profonda, della calda pienezza della prossimità al centro vitale, dell’interno oscuro che si rivela solo nel disfarsi delle false certezze, nello sciogliersi delle nebbie su un iceberg troppo caldo.
Antiforme espressioniste dense di materia gettata in una gestualità creatrice, cosmica ed esplosiva, colate di temperatura primordiale, galassie allo stato nascente, stelle disperse. L’ispirazione è capricciosa come gli eccentrici cicli lunari, misteriosa ma fedele come il volto segreto della luna.
Adagiato sul senso agitato, imbiancato dal dissenso, dal dissapore nella dissonanza del gusto che si accende e si spegne ad intermittenza, con occhi cerchiati da un’aura di malore: dedizione nella fede assoluta nello stupore. La voce dell’angelo nero pronuncia una profezia oscura con la consistenza del catrame, spalancando ali sinistre già pronte a sprofondare. Lo sfaldarsi di una forma in agguato nelle foresta dei simboli acerbi. Pronti a sfidare le ombre, disposti a brancolare come occhi inquieti nella superficie che cela un’assenza, un’esistenza di riverberi. Pioggia di gesso, colata di lava rappresa nella densità di faglie di colore fossile tra strati dissolventi di realtà sovraimpresse. Rilievi geologici e tracciati gestuali di anelli centripeti in velocità di fuga da qualsiasi luogo geometrico della figurazione.
Ogni oggetto viene traslocato dalla sua consistenza, dal suo legame col principio di realtà per essere trasferito in un dimensione magica del possibile. Nell’innocenza dello sguardo si rende possibile evocare un altro mondo o un Altro dal mondo.
La moneta fuori corso del falso potere del denaro, frantumata come polvere pirica, pronta ad accendere di nuovo senso il destino alchemico di trasformazione del mondo per renderlo finalmente abitabile fuori dai vincoli del possesso e dal controllo attraverso la noia della ricchezza.
Le opere di Antiporta sono composte con polvere lunare, la tela è circondata da crateri profondi, scavata da una pioggia di meteoriti sulla superficie che si offre fragile priva di alcuna atmosfera protettiva, nuda al mistero che proviene dallo spazio profondo.
Germinazione e disseminazione di segni, tra spazi vacillanti, figure deliranti, sovrapposizioni di volti ed esplosioni di atomi di visioni, implosioni di nuclei di senso. Lo sgorgare di forme che si dissolve nell’evasione sottile delle certezze gettate in un campo di forze involontarie ma credibili. Traduttori di turbamenti, vettori senza pentimenti tardivi affidati ai vortici del fiume che trascina nei gorghi sotto cascate di luce nei riflessi mobili di un viaggio infinito tra correnti di suoni.
Annidata nella penombra, la pittura è la voce profonda espatriata dal mondo e rientrata dall’ingresso laterale. Davide Antiporta, come tutti gli artisti veri è un backdoor man che sa uscire di scena, per rientrare inaspettato dal retro e finalmente guadagnare il centro dell’attenzione. L’arte richiede distanza, differimento e vuoto, per lasciare agire riverberi e divenire risonanza, emettendo onde cosmiche che si propagano in ipnosi del pensiero. Un campo di polarità magnetiche al contrario, dove le forze simili non si respingono.
Nel canto affondato degli universi scomparsi, ci scopriamo diversi, persi e ancora ritrovati.
Vittorio Raschetti